Tredici arresti per fermare il Nuovo Clan dei Casalesi, le mani anche su Giugliano. Tra i nomi finiti nella retata della Dda ci sono Oreste Reccia (“recchie e lepre”) e il liternese Vincenzo Ucciero.
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Carabinieri e Polizia di Stato nell’ambito di un’indagine coordinata dalla DDA hanno documentato il ritorno della mafia casertano tra le province di Napoli e Caserta. La consorteria criminale aveva anche un obiettivo importante. Cioè stendere la sua influenza alla città di Giugliano, interessata da un vuoto di potere dopo la decapitazione dello storico clan Mallardo.
Violenti pestaggi agli imprenditori per costringerli a versare il pizzo al clan. Nessuno di loro ha mai sporto denuncia, terrorizzati dalla ferocia delle richieste estorsive. Sono finiti in carcere Oreste Reccia e Vincenzo Ucciero, scarcerati nel 2020 e accusati di voler ricostruire un gruppo criminale nell’area aversana della provincia di Caserta.
I due sono stati raggiunti dalla misura cautelare in carcere, eseguita all’alba durante un blitz, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Direzione distretturale antimafia, nei confronti complessivamente di tredici soggetti. In base a quanto emerso dalle indagini, era in atto tra i territori di Aversa, San Cipriano d’Aversa, San Marcellino e Villa Literno in provincia di Caserta, ma anche a Giugliano in Campania , un tentativo di fondare una organizzazione camorristica che utilizzava metodologie tipiche del cartello dei Casalesi.
L’organizzazione era dotata di una elevata capacità militare. Kalashnikov, pistole e centinaia di munizioni erano nelle disponibilità del clan. Armi pronte a essere usate all’occorrenza e, come certificato anche da alcuni video agli atti, i kalashnikov venivano impiegati anche solo per ostentare la potenza di fuoco della cosca: spari avvenivano in strada, nei centri abitati, seppur di notte e senza un obiettivo da colpire.
Il pizzo veniva riscosso a Pasqua, Natale e Capodanno con minacce e violenze agli imprenditori. Il nome dei Casalesi veniva impiegato proprio allo scopo di intimorire le vittime. Si trattava, insomma, di una sorta di ‘ritorno alle origini’, rispolverando tecniche tipiche dei Casalesi: un gruppo armato che si avvale della violenza, anche fisica, per riaffermare la propria potenza sul territorio. La ricostituita cosca era formata da personaggi con trascorsi criminali di rilievo, ma anche da giovani appena reclutati dal clan.
Gli episodi criminosi su cui si concentrano le indagini sarebbero avvenuti tra il novembre 2020 e il maggio 2021. L’operazione arriva, quindi, a meno di tre mesi di distanza dall’ultimo dei crimini accertati.
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I due boss dopo la scarcerazione, avevano rimesso in moto, secondo gli investigatori, la macchina delle estorsioni e dei pestaggi ai danni di imprenditori e commercianti della zona. Usavano l’arma intimidatoria dell’appartenenza al clan per estorcere danaro. I pm (Graziella Arlomede e Francesco Raffaele e Maurizio Giordano) contestano agli indagati diverse estorsioni aggravate dal metodo mafioso, perpetrate con lo scopo di agevolare una organizzazione mafiosa.
Nessuna delle vittime, alle quali venivano imposti ratei tra 1000 e 1500 euro, ha avuto il coraggio di denunciare le estorsioni. Sono state le indagini delle forze dell’ordine a scoperchiare il clima di terrore in cui vivevano i commercianti della zona.
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