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Alessio Bondì presenta ‘Maharìa’ al Parco Cerillo di Bacoli

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Alessio Bondì con “Maharìa” ha dato vita ad un’opera intensa e ispirata, porterà sul palco la magia da cui questo album ha preso ispirazione e accompagnerà il pubblico attraverso un viaggio interiore pieno di esplosioni di allegria, nostalgie solitarie, innamoramenti, eccessi di rabbia e incomprensioni, disillusioni e soluzioni.

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Magia che aiuta a dialogare col regno dell’irrazionale, in cui l’autore racconta di sortilegi, incantesimi, sogni, speranze e perdizioni. Di un amore vissuto come una sorta di sventura pregna di vitalità: chi si innamora in “Maharìa” si scopre euforico ed indifeso, condizione che in questo viaggio viene sondata ora in maniera ironica, ora drammatica, ora con incanto fanciullesco.

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La lingua siciliana in quest’opera funge, quindi, da chiave magica per l’inconscio, in particolare con l’uso del dialetto palermitano autentico che racconta una verità sfuggevole e poetica, a cui partecipano l’istinto e l’eco di una storia millenaria. A queste latitudini c’è una Sicilia intima e luminosa, selvaggia e vera; un luogo lontano dagli stereotipi che da decenni ne limitano le potenzialità liriche. Ne risulta un racconto di vita letterario, stratificato, contraddittorio, come il fluire delle emozioni che si alternano in profondità.

“Maharìa” inizia con la traccia che dà il nome all’album e che si apre con un verso che sancisce fin da subito la potenza di cui è fatto: “Ormai stu fuoco nun s’astuta chiù” (“Ormai questo fuoco non si spegne più”).

Proseguendo nell’ascolto ci si ritrova come bambini in un mondo fatto di natura e contraddizioni, in cui si ricomincia ad apprezzare le piccole cose, come una passeggiata al sole con la testa leggera (“Cerniera Zip”) o senza amore in un mondo libero da sortilegi (“V&V”), o come un gioco infantile su una lacrima che diventa un fiume a cui si abbeverano gli animali (in “Fataciume”).

In “Taverna Vita Eterna”, un vecchio lupo di taverna si racconta in un monologo tragicomico che mette in luce i costumi di un’intera tribù urbana; mentre in “200 voti” ci si ritrova dentro alla sensazione misteriosa di sentirsi innamorati per la duecentesima volta di una persona che si è appena incontrata.

Ma questo album è anche e soprattutto tentativo di comprensione delle forze difficilmente comprensibili che abbiamo dentro. La tracklist è percorsa dai misteri profondi del tempo e dell’amore che conducono a nascondini intimi e pieni di stupore (“Occhi tanti”), a preghiere arrabbiate di chi non sa più a che santo votarsi (“Ave Maria al contrario”), diretto da Paolo Raeli e prodotto da 800A Records e Pank Agency), e a confessioni gonfie di livore e confusione (“Ddà fuora”).

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I testi e la musica di Alessio Bondì sono ornati da un’atmosfera morbida, a volte fiabesca, ricamata da una piccola orchestra di eccezione capitanata da Alessandro Presti (tromba e flicorno e arrangiamenti archi e fiati) e da una band di musicisti affiatati (Carmelo Graceffa alla batteria, Carmelo Drago al basso, Fabio Rizzo alle chitarre e lapsteel, Donato Di Trapani alle tastiere e piano).

In balia dei propri sconvolgimenti interiori, alla fine delle 10 tracce di Maharia, il fluido magico non si arresta: ci si ritrova ancora con il proprio cuore crudo (“Cuori cruru”), alla volta di un nuovo viaggio. Il segreto non è stato svelato del tutto, ed è bello che sia così.

La realizzazione dell’album è stata supportata da MiC e SIAE nell’ambito dell’iniziativa “Per chi crea”. Prodotto, registrato e mixato da Fabio Rizzo presso Indigo Studios, Palermo e masterizzato da Giovanni Versari a La Maestà. Al disco hanno collaborato Federico Mordino (percussioni), Alfonso Vella (sax), Marilena Sangiorgi (flauto), Francesco Incandela e Nastassja Boris (violini), Maria Adelaide Filippone (viola) e Giuseppe D’Amato (violoncello).

Alessio Bondì è un cantautore siciliano classe ’88. Premio De Andrè nel 2013 e Targa Siae al Premio Parodi del 2014, la sua scrittura è meticcia: nasce da radici folk e si mescola con i ritmi contemporanei e il suono esotico della lingua natìa, il dialetto palermitano. Seppur il legame con i suoni della Sicilia più profonda sia evidente, le influenze che rendono la cifra di Bondì unica sono quelle del folk anglo-americano, del funky, della musica brasiliana e africana.

Il suo disco d’esordio, intitolato “Sfardo”, vede la luce nell’aprile del 2015: un lavoro ispirato, fatto di dieci canzoni di una grazia cruda e meravigliosa, che raccoglie pareri entusiastici da pubblico e critica, con recensioni positive da Il Fatto Quotidiano a il Venerdì di Repubblica, Internazionale, Rockit, e tutta la stampa specializzata.

“Sfardo” viene selezionato per il Premio Tenco 2015 e successivamente raggiunge la finalissima per i 5 migliori album in dialetto. Nel 2017 è stato distribuito in 10 Paesi tra Europa e Sud America. Quasi costantemente in tour fin dal suo esordio, Bondì nei concerti è essenziale e trascinante; la sua fanbase è in costante crescita grazie all’intensa attività live, a un passaparola ininterrotto e all’esposizione ottenuta anche sulle radio e i media esteri, in particolar modo in Germania e Spagna, dove Alessio Bondì è considerato una “rivelazione della canzone mediterranea”.

A fine 2018 esce il secondo album “Nivuru”. È il risultato di un’immersione nella musica proveniente da tutto il mondo, ma che affonda le sue radici in Africa. Nel luglio del 2018 il primo singolo estratto “Si fussi fimmina” entra nella classifica Viral 50 Italia di Spotify dove rimane per una settimana e arriva fino al 18mo posto. Il tour di Nivuru tocca le maggiori città d’Italia, Spagna, Germania, Belgio, Francia, Irlanda e Regno Unito.

 


Articolo pubblicato il giorno 23 Luglio 2021 - 16:03


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