“In relazione ai gravi fatti di Santa Maria Capua Vetere, oltre alle denunce dei detenuti riguardanti casi di violenza e maltrattamenti, oltre la denuncia che ho presentato personalmente alla procura competente, faccio presente dell’esistenza di video provenienti dalle telecamere a circuito chiuso che hanno offerto prove concrete di quanto accaduto e le chat tra agenti.
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Qui non si tratta di nuocere il corpo di polizia penitenziaria. Le mele marce, però, vanno individuate e messe in condizione di non screditare più il corpo cui appartengono e di non alimentare tensioni nelle carceri. Va fatta giustizia senza ma e senza se. Più volte ho manifestato apprezzamento per il lavoro svolto dagli agenti di polizia penitenziaria e non ritengo che siano venuti meno gli elementi su cui ho fondato il mio giudizio”.
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Lo dice il garante campano dei diritti delle persone private dalla libertà personale Samuele Ciambriello commentando l’inchiesta sulle presente violenze perpetrate in carcere e che hanno portato questa mattina all’esecuzione di misure cautelari nei confronti di 52 persone.
Le indagini erano partite proprio da un esposto del garante, il quale segnalava “presunti maltrattamenti operati in danno di detenuti da parte di personale della polizia penitenziaria”, informazioni tratte dalle registrazioni di conversazioni telefoniche avvenute tra detenuti ristretti, non identificabili, e i propri familiari, registrazioni che erano state pubblicate anche su Facebook. Ipotesi che trovavano ulteriore riscontro da denunce di familiari, visite ispettive, perquisizioni, immagini delle telecamere di videosorveglianza e scambi di messaggi tra i detenuti.
“Ricordando che i casi di giudizio per dichiarare un uomo davvero colpevole sono ben tre, esprimo tutta la mia solidarietà alla magistratura. E’ arrivata, in tempi brevi, a fare luce sugli episodi effettivamente accaduti in quella giornata del 6 aprile 2020. In qualità di garante delle persone ristrette della Campania, allo stato, mi sento di invitare l’opinione pubblica a non cedere alla tentazione di imbastire “processi sommari” prima che i fatti realmente accaduti vengano effettivamente accertati.
Rimango convinto – aggiunge Ciambriello – che il carcere è uno “spazio civile” che accomuna tutti: operatori penitenziari, detenuti, volontari e istituzione. Ed è proprio in base a questa convinzione che penso che, in questo momento, a mio parere, occorre stabilire un’atmosfera civile tra le parti in grado di rasserenare il clima, contribuendo così di fatto all’accertamento della verità”.
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