Avevano già scavato la fosse perchè aveva una relazione con la moglie di un detenuto.
E il tribunale della camorra aveva deciso che quell’uomo doveva morire: una colpa che andava lavata con il sangue, senza se e senza ma. La fossa era già stata scavata ad Arzano, ed era fissato l’appuntamento. Ma un’indagine della polizia e’ riuscita a bloccare i sicari e arrestato i responsabili.
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IN CARCERE IL BOSS ANTONIO ABBINANTE IL nipote RAFFAELE E TRE AFFILIATI
In carcere con un decreto di fermo, poi convalidato, sono finiti il boss Antonio Abbinante, suo nipote Raffaele Abbinante ( (figlio dell’alto boss Francesco), e gli affiliati Antonio Esposito, Paolo Ciprio e Salvatore Monreale. Nonostante alcune perquisizioni mirate per far desistere boss e affiliati, il clan ha continuato nel suo progetto. In un video anche il momento preciso nel quale gli affiliati hanno scavato la fossa.
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L’uomo, identificato dopo alcuni giorni di ricerca, doveva essere ucciso anche se faceva parte della cosca Abbinante, egemone a Scampia, quartiere a nord di Napoli. Aveva una storia d’amore con la moglie di un elemento di vertice in carcere e per questo, secondo l’accusa, il boss Abbinante aveva deciso di ucciderlo.
Lui ha provato a negare la relazione, ma invece il clan ne era certo. Il suo omicidio era stato gia’ fissato e il corpo non si sarebbe dovuto trovare. Agli arrestati, tranne Monreale, e’ contestato anche il reato di associazione camorristica.
La Squadra Mobile (diretta da Alfredo Fabbrocini) e la DDA (sostituti procuratori Maurizio De Marco, Lucio Giuliano e Giuliano Caputo) sono quindi entrati in azione dopo avere scoperto che nelle campagne tra Marano e Arzano, era gia’ stava scavata la fossa. Li’, infatti, la vittima sarebbe stata attirata, con il pretesto di un chiarimento, uccisa e seppellita.
IN STATO DI FERMO ANCHE ARCANGELO ABBINANTE
Un sesto fermo, nell’ambito della stessa vicenda, e’ stato emesso dalla Procura di Napoli Nord su richiesta della Dda di Napoli: riguarda Arcangelo Abbinante, elemento di spicco dell’omonimo clan di Scampia, a cui viene contestata l’associazione a delinquere di tipo mafioso e non il tentato omicidio. Anche questo fermo e’ stato eseguito, ma a Villaricca, in provincia di Napoli, dalla Squadra Mobile partenopea. Gli investigatori soni riusciti a riprendere tutte le fasi propedeutiche dell’omicidio, che per fortuna non si e’ concretizzato: dall’approvvigionamento delle armi da usare per uccidere la vittima, alle operazioni di scavo e di occultamento della fossa destinata ad ospitare il cadavere che non doveva essere piu’ ritrovato.
Articolo pubblicato il giorno 21 Giugno 2021 - 12:14