In questa cornice il sindaco Antonio Diplomatico, presente durante tutta la manifestazione, ha voluto assegnare al prof. Stefano De Caro la cittadinanza onoraria insieme alle chiavi della Città del Comune di Boscoreale. L’eccezionale gesto di omaggio è stato voluto dal Sindaco perché De Caro è nativo boschese e, con la sua luminosa carriera nel campo dell’archeologia, ha dato lustro alla cittadina vesuviana, da cui non ha mai staccato del tutto le radici, conservando nel profondo del suo essere la anima vesuviana.
Il Comune di Boscoreale quindi ha voluto dare un degno e meritato riconoscimento al proprio figlio che, all’inizio della propria carriera d’Archeologo, da Direttore degli Scavi di Pompei, condusse gli Scavi archeologici di Villa Regina e ne promosse il Museo all’ interno del quadro degli interventi previsti con i fondi FIO, negli anni Ottanta del Novecento.
La intensa carriera dell’archeologo pompeianista – dipanatasi senza interruzione e in continuo e straordinario progress prima a livello regionale, poi nazionale e poi internazionale – è stata illustrata con simpatico garbo dallo storico boschese Angelandrea Casale, amico di vecchia data del prof. De Caro.
Casale ne ha tratteggiato i traguardi, e l’avanzamento in carriera, da Soprintendente Archeologo di Napoli, fino alla Direzione generale, prima nel Ministero BBCC e poi nell’ICCROM, Agenzia internazionale dell’UNESCO. Lo storico vesuviano si è poi soffermato anche sulla sua produzione scientifica e divulgativa, sostanziatasi in circa duecentocinquanta, tra libri e articoli su riviste specializzate, comprese alcune guide archeologiche di successo.
Moderatore della serata è stato un altro amico di infanzia di Stefano De Caro, e cioè il navigato giornalista de “Il Mattino” Carlo Avvisati. E proprio Avvisati, rivolgendo a De Caro una serie di domande puntuali e di merito, ha proposto alcuni quesiti che hanno consentito a De Caro di sottoporre alla platea degli astanti un serie di considerazioni sullo stato attuale e sulle prospettive dell’Area vesuviana.
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E qui anche chi scrive – concordando con De Caro – non può esimersi dal sottolineare al lettore che, sotto il profilo dell’Archeologia e del Turismo archeologico, il territorio vesuviano non trova adeguata collocazione neppure nella Buffer Zone del Piano di Gestione UNESCO, caratterizzato da una insostenibile, ripetuta, puntuale e disomogenea frammentarietà.
Peraltro, le potenzialità del territorio vesuviane sono state troppo spesso mortificate dal fatto che l’attrattore Pompei ha in passato assorbito la maggior parte delle risorse e dell’attenzione mediatica. E ciò si è perpetuato anche in anni recenti, in misura insopportabile.
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Il fenomeno si è verificato soprattutto a partire dall’Unità d’Italia, quando la nuova classe dominate, savoiarda per scelta e per opportunismo, preferì puntare su Pompei per qualificare la propria visibilità di monarchia sensibile ai valori culturali.
Fu alimentato così il mito della Romanità emergente dalle coltri vulcaniche vesuviane di Pompei, ma si trascurò il territorio, anche quello dell’Ager Pompeianus, di cui era ed è parte storicamente il territorio Boschese– e non solo – le cui ville suburbane “pompeiane” furono lasciate alla speculazione degli scavi privati.
Federico L.I. Federico
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