E’ stato il coraggio di un testimone oculare dell’agguato di Casoria dell’8 luglio scorso in cui fu ucciso l’innocente Antimo Guarnieri ad incastrare il killer Tommaso Russo, arrestato ieri dai carabinieri.
Il muro di omertà, che di solito circonda gli omicidi di camorra, questa volta è crollato e ha portato alla svolta. Una delle persone presenti all’agguato ha incontrato uno dei killer del ragazzo e non ha avuto esitazioni a dare indicazioni agli inquirenti.
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E’ il 24 novembre 2020, 5 mesi dopo il raid, e il testimone, che aveva gia’ descritto ai carabinieri il sicario, Tommaso Russo, vede quell’uomo in auto e gira un breve video con il suo cellulare, consegnandolo ai militari dell’Arma. Pochi giorni prima era stato convocato in caserma per un riconoscimento fotografico avvenuto puntualmente. Il killer, che aveva agito a volto scoperto, e il testimone oculare non si conoscevano.
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Il particolare e’ contenuto nell’ordinanza firmata dal gip di Napoli, Giuseppe Sepe, che ha disposto il carcere oltre che per Russo, accusato dell’omicidio, anche Ciro Sannino, per estorsione aggravata. Sono indagate altre due persone a piede libero.
Antimo somigliava alla vittima designata, Ciro Lucci, nemico del gruppo camorristico guidato da Salvatore Barbato, vicino ai Moccia. Lucci era stato scarcerato da poco e dava fastidio ai traffici della piazza di spaccio del parco Smeraldo. Il diciannovenne aveva lo stesso aspetto e lo stesso look del pregiudicato e quella sera fu scambiato per il boss. Un raid deciso nell’ambito degli scontri per la gestione del traffico di droga nell’area.
L’uomo che sparo’ al gruppetto di amici, freddando Antimo e ferendo un minorenne, C.S., venne descritto dai testimoni come una persona in pantaloncini neri e maglietta bianca, alta e magra, che, dopo un passaggio di controllo in auto, una Punto azzurra, era uscito dall’abitacolo dal lato passeggero della vettura, aveva estratto la pistola dal marsupio e sparato. Quattro colpi esplosi a distanza ravvicinata, dall’alto verso il basso raggiungono Antimo.
IL MINORENNE FERITO SI NASCOSE DIETRO UNO SCOOTER
Il minorenne ferito era non estraneo agli ambienti criminali, e aveva avuto la prontezza di nascondersi dietro il suo scooter. Un gesto che gli salva la vita.
La meta’ dei colpi di pistola che Russo spara, otto in tutto, raggiungono Antimo. Quattro colpi esplosi a distanza ravvicinata, dall’alto verso il basso. Un’ogiva si rivelera’ letale: perfora il fegato e trancia l’aorta toracica lasciando senza scampo Antimo che, per cercare di difendersi, sollevo’ un braccio per impedire che uno dei colpi lo prendesse alla testa. Tutto inutile. Antimo morira’ poco dopo nell’ospedale San Giovanni Bosco di Napoli, dove era stato portato anche il minorenne S.C., anche lui raggiungo da un colpo che lo aveva trapassato da parte a parte.
L’OBIETTIVO ERA CIRO LUCCI
Ma l’obiettivo era uccidere, per ritorsione, Ciro Lucci, avverso al gruppo camorristico guidato da Salvatore Barbato. L’agguato e’ stato anche ripreso dai sistemi di videosorveglianza di un negozio che si trova nei pressi del luogo dell’agguato. Immagini che hanno dato un’importante mano agli investigatori. Antimo frequentava assiduamente il Parco Smeraldo: chi lo conosceva lo definisce “un ragazzo sereno”, “un bravo ragazzo”, uno “fuori dalla dinamica delinquenziale”.
Un contributo sulle dinamiche della gestione delle piazze di spaccio nella zona del Parco Smeraldo arriva anche da alcune conversazioni intercettate dagli inquirenti. Telefonate nelle quali vengono descritte le fibrillazioni in atto a Casoria e in cui si fa anche riferimento a Ciro Lucci e all’imminenza di un raid costato la vita ad Antimo.
LE INTERECETTAZIONI TRA IL BOSS E DUE DETENUTI
In particolare il gip include una conversazione del 24 giugno 2020. A parlare un boss del clan Moccia che discute con due persone di sua conoscenza detenuti nel carcere di Poggioreale. Telefonate nelle quali vengono descritte le fibrillazioni in atto a Casoria e in cui si fa anche riferimento a Ciro Lucci e all’imminenza di un raid. L’intercettazione risale al 24 giugno 2020. In un’altra conversazione, successiva all’agguato mortale in cui ha perso la vita, per errore, il 19enne Antimo Giarnieri, sempre la stessa persona legata ai Moccia fa sapere ai suoi interlocutori carcerati che a Casoria “sta piena di guardie” le quali avevano preso anche “il numero di targa di quella macchina che ando’ li’ dietro (luogo dell’agguato, ndr)…”. Al carcerato viene anche riferito che i ragazzi (le persone presenti all’agguato, ndr) “hanno detto quello che e’ sceso dalla macchina com’era fatto… aveva il cappello in testa… era secco e alto…”.
Articolo pubblicato il giorno 2 Giugno 2021 - 09:46