Il gip Donatella Banci Buonamici non ha convalidato il fermo della Procura applicato mercoledì scorso, tre giorni dopo il disastro avvenuto domenica 23 maggio, nel quale hanno perso la vita 14 persone ed è rimasto gravemente ferito il piccolo Eitan di 5 anni.
Il gestore Luigi Nerini e il direttore d’esercizio Enrico Perocchio sono liberi mentre il caposervizio Gabriele Tadini, l’unico ad aver confessato di aver inserito i ‘forchettoni’ e inibito l’impianto frenante di emergenza, è finito ai domiciliari. Per il caposervizio, secondo il gip, la misura è stata decisa anche in base all’età e al suo “stabile contesto familiare”.
Il giudice chiamato a convalidare il fermo ha creduto alla tesi del titolare dell’impianto e del direttore di esercizio che hanno sostenuto di non sapere dell’inserimento del cosiddetto ‘forchettone’ che aggirava il sistema di sicurezza dell’impianto già malfunzionante. E di fatto smonta la tesi dell’accusa, scaricando tutte le responsabilità sul caposervizio che ha confessato.
Tadini è uscito dal carcere poco dopo la mezzanotte, scortato proprio dal suo avvocato Marcello Perillo. Dopo circa un’ora ha lasciato il carcere di Verbania anche Enrico Perocchio: “Sono partito immediatamente per recarmi sul luogo dell’incidente, le telefonate non mi dicevano subito che era una strage. Sono partito subito nella speranza che si trattasse di un accavallamento”, spiega ai giornalisti a proposito di ciò che è accaduto il 23 maggio, il giorno della strage che ha provocato la morte di 14 persone. A chi chiede cosa abbia pensato una volta saputo delle accuse, risponde: “Onestamente mi sono sentito morire, ho pensato non è possibile, non è possibile, sul momento mi sono sentito come un macigno”. Tra le cose che più lo hanno colpito, ha detto Perocchio, c’è “il fatto che venisse detto che ho detto che fossi io ad avallare una cosa che non ho mai avallato”. Il suo legale, Andrea Da Prato, ha insistito sul fatto che Perocchio non fosse infatti a conoscenza dell’uso dei ‘forchettoni’. L’ultimo a uscire dal carcere è l’amministratore di Ferrovie del Mottarone srl, Luigi Nerini. “Mi dispiace tantissimo”, sono le sue uniche parole mentre va via con i suoi avvocati.
I tre restano indagati. “Il giudice ha ritenuto che le prove a loro carico non fossero sufficienti – ha detto la procuratrice Olimpia Bossi uscendo dal carcere, dopo la lettura del dispositivo da parte del gip davanti ai tre fermati nella notte di martedì – Gli indagati restano gli stessi”. Secondo il gip, il fermo per i tre “è stato eseguito al di fuori dei casi previsti dalla legge” e per questo non può essere convalidato. La motivazione addotta dalla procura era quella del pericolo di fuga, che però secondo il gip non sussiste. Durissime le motivazioni per non convalidare il fermo: “Suggestivo ma assolutamente non conferente è il richiamo al ‘clamore mediatico'”, spiega il giudice che definisce “di totale irrilevanza” questo dettaglio in merito al pericolo di fuga per i fermati. Nel dettaglio, la gip sottolinea anche che non si comprende perché Perocchio o Nerini avrebbero dovuto “avallare” la decisione di inserire i forchettoni come fatto, e ammesso, da Tadini. Le dichiarazioni rese dai testimoni, infatti, accuserebbero Tadini ma non direbbero nulla, secondo il gip, a proposito della “correità” degli altri due.
Dalle dichiarazioni dei dipendenti della funivia del Mottarone, tutte riportate nell’atto, “appare evidente il contenuto fortemente accusatorio nei confronti del Tadini”, il caposervizio dell’impianto, perche’ “tutti concordemente hanno dichiarato che la decisione di mantenere i ceppi era stata sua, mentre nessuno ha parlato del gestore o del direttore di servizio”. Lo scrive il gip di Verbania, Donatella Banci Buonamici, nell’ordinanza con cui ha disposto i domiciliari per Tadini e ha rimesso in liberta’ gli altri due fermati, spiegando che quelle dichiarazioni “smentiscono” la “chiamata in correita'” fatta da Tadini.
Il gip del tribunale di Verbania, Donatella Banci Bonamici, ha ribaltato le decisioni che erano state assunte dalla Procura della Repubblica ed ha di fatto accolto tutte le richieste dei legali dei tre fermati. Le giornata di ieri al carcere di Verbania era cominciata alle 9, con gli interrogatori di garanzia. Il primo ad essere sentito era stato Tadini, che aveva confermato le dichiarazioni gia’ rilasciate in sede di interrogatorio la notte del fermo, ammettendo di avere utilizzato i cosiddetti ‘forchettoni’.
Aveva, invece, detto di non aver saputo dell’uso delle ganasce il direttore tecnico Enrico Perocchio, che aveva spiegato di avere saputo dell’utilizzo dei forchettoni solo alle 12,09 del giorno dell’incidente, quando aveva ricevuto da Tadini una telefonata in cui gli fu detto: “Ho una fune a terra, avevo i ceppi su”. Ultimo ad essere sentito era stato Luigi Nerini, che avrebbe detto che non sarebbe spettato a lui fermare l’impianto.
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Il Gip ha depositato la decisione poco dopo le 22,30 di ieri e i tre indagati hanno lasciato il carcere di Verbania.
Intanto oggi in tutto il Piemonte sara’ giornata di lutto per le vittime della funivia del Mottarone. Lo ha deciso il presidente della Regione, Alberto Cirio, che invita la popolazione ad osservare un minuto di silenzio alle 12 e gli enti pubblici piemontesi ad unirsi nella manifestazione del cordoglio, esponendo le bandiere a mezz’asta”.
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