“Non si è ammazzato. Non crediamo alla tesi del suicidio, non è possibile, Stefano amava la vita, non è stato un suicidio”, sostiene Piero Ansaldi, fratello del ginecologo morto a Milano lo scorso 19 dicembre in circostanze misteriose.
Che non si sia trattato di suicidio ne è convinta anche Daniela, la vedova del professionista di orgine beneventane, che ribadisce al quotidiano Il Mattino-quanto sia inaccettabile l’idea che un uomo, suo marito, si sia da solo squarciato la gola a pochi passi dalla stazione di Milano.
Entrambi i congiunti di Stefano Ansaldi sono stati ascoltati dalla Guardia di Finanza, nel corso delle indagini condotte dalla Procura di Napoli in una vicenda che dai contorni ancora tutti da chiarire.
Sulla misteriosa morte di Ansaldi, la Procura di Milano si appresta a definire una richiesta di archiviazione dell’ipotesi di omicidio. Per esclusione, resta quindi la pista del suicidio. Ma ciò che invece resta ancora tutto da capire è il motivo per il quale la Procura di Napoli stia svolgendo le sue verifiche. Notizia nota è il fascicolo per riciclaggio, sulla scorta di elementi in possesso dei pm partenopei a proposito di alcuni personaggi che potrebbero essere entrati in contatto con il mondo di relazioni del ginecologo.
La pista economica dunque, che spinge a riflettere su una possibilità: quella secondo cui, Ansaldi potrebbe essere finito al centro di una meccanismo di stampo camorristico il cui obiettivo era spostare capitali all’estero – asse Milano-Lugano-Malta -.
Le indagini partono da Secondigliano, e più precisamente dal clan Lo Russo da sempre vicino agli ambienti della sanità partenopea.
C’è ancora però da chiarire l’identità dell’uomo che più volte si è recato presso lo studio del ginecologo, intanto i parenti del medico attendono gli esiti dell’istruttoria milanese per valutare eventuali ricostruzioni difensive.
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Articolo pubblicato il giorno 22 Maggio 2021 - 10:24