Oggi, in occasione del compleanno di Luigi Vanvitelli, vogliamo proporvi una lettera speciale per la nostra rubrica. Di padre… in figlio. Infatti con questa lettera entra in scena anche il figlio di Luigi Vanvitelli, Carlo, che studia da architetto e che porterà avanti il lavoro del padre.
Lettera N° 83 – «Caserta 11 Marzo 1752» – [Biblioteca Palatina della Reggia di Caserta]
11 marzo 1752, è passato più di un mese dalla cerimonia per la posa della prima pietra, l’opera di Caserta è pronta a partire ma già sorgono le prime divergenze che fanno “storcere il naso” al Vanvitelli. Alcune delle risorse, che inizialmente erano destinate esclusivamente all’edificazione della Reggia, verranno dirottate verso altri progetti limitrofi, il Vanvitelli riferisce, al segretario di Stato, il marchese Fogliani, dell’incontro tenuto con il re, e il segretario della fabbrica di Caserta, il cav. Neroni:
«Il Re alla presenza di Neroni ieri mattina mi disse che circa alla fabbrica mia del Palazzo che io pensi in che modo si abbia a distribuire et economizzare li ducati 52000 l’anno. Risposi subito che con l’intesa del Signor Cavaliere Neroni averei procurato di servire alla meglio. Sua Maestà subito ha mutato la faccia; già questo mi ha nominato le cose che si devono fare di Vaccaria, Palazzo Vecchio et altro, quando che molte cose erano incaminate per succedere in maniera diversissima. Ne ho fatto inteso il Signor Marchese Fogliani, il quale già ne era inteso dal Re. Onde le cose prendono altro giro […]».
Nello stesso periodo, Ferdinando Fuga ha lasciato di nuovo Napoli col permesso del re. Il Vanvitelli cerca informazioni sulle attività del suo rivale, e vorrebbe capire a che punto sono i preparativi dei lavori per il Real Albergo dei Poveri: «Il Fuga è ritornato a prendere licenza dal Re; a me non ha detto niente, né asino né bestia, perché forsi credo abbia saputo che le sue procedure mi sono palese tutte; onde non sapeva per qual verso incominciare a parlarmi. Ho messo sottosopra tutti quelli che ànno ingerenza sopra la sua fabrica del Reclusorio […]».
Intanto, gli studi da Architetto di suo figlio Carlo cominciano a dare i primi frutti, e il Vanvitelli se ne compiace: «Ho veduto il disegno di Carlo, il quale è buono; diteli che seguiti a disegnare, ché gli farò un regalo a suo tempo, ma voglio che studi bene […]». Studierà bene Carlo, tanto da continuare l’opera del padre.
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