Tutti avranno sentito parlare, più di una volta, delle epiche gesta dei gladiatori nelle arene del mondo romano. Ma ci sono aspetti della vita quotidiana di questi leggendari combattenti dell’antichità che raramente vengono affrontati dalle narrazioni che siamo abituati a leggere e ascoltare sui principali media.
Uno su tutti, l’alimentazione: di cosa si nutrivano questi atleti che sfidavano la sorte negli anfiteatri, battendosi contro avversari agguerriti e, talvolta, belve feroci?
La risposta a questa domanda si è materializzata direttamente sulle tavole dell’archeo-ristorante “Caupona” di Pompei, che ha elaborato un nuovo menù incentrato sull’alimentazione tipica di quei mitici lottatori e che trova la sua massima rappresentatività nella “zuppa del gladiatore”.
Il particolare menù, nato da un’idea del patron Francesco Di Martino e sviluppato sotto l’attenta supervisione dello storico Flavio Russo, si rifà agli studi compiuti sugli scheletri rinvenuti nella cosiddetta “necropoli dei gladiatori” di Efeso e alle notizie tramandateci da autori antichi come Galeno (che fu medico alla scuola gladiatoria di Pergamo) e Plinio il Vecchio. Il tutto è stato poi “tradotto” in piatti stuzzicanti e adatti al gusto moderno da Giovanni Elefante, chef dell’archeo-ristorante “Caupona”.
L’argomento, d’altra parte, fu affrontato con interesse già nell’antichità. Così come lo è oggi per gli sportivi, infatti, anche duemila anni fa il regime alimentare era considerato un aspetto fondamentale per chi impegnava il corpo in maniera così rilevante, come faceva appunto un gladiatore.
Quello che forse potrà stupire è che questi lottatori seguivano una dieta per lo più vegetariana, caratterizzata dal massiccio consumo di vegetali: ortaggi, legumi, frutta secca e cereali erano le basi della loro alimentazione, al punto che lo storico e naturalista Plinio il Vecchio li ribattezzò “hordearii”, cioè mangiatori di orzo. L’apporto di proteine ricavate dalla carne era trascurabile, mentre abbastanza presenti erano latticini, olio, miele e vino (anche se sempre molto diluito).
Quotidianamente assumevano una sana e abbondante dose di decotto di fave e orzo mondato, per aumentare lo spessore dei tessuti del corpo. Oltre a legumi e cereali mangiavano scarola, zucchine, cipolle, aglio, semi di finocchio, frutta e fichi secchi.
Prima degli scontri nell’arena, per acquistare energia, i gladiatori di solito mangiavano focacce d’orzo speziate cosparse di miele e bevevano infusi di fieno greco dalle proprietà rinforzanti. Alla fine di ogni combattimento i gladiatori ringraziavano gli dei mangiando i “crustula”, dal latino crustulum, che vuol dire “piccolo biscotto”. Si trattava di piccoli biscotti di frumento, dal sapore delicato, che nascevano dall’incontro di miele e burro, farciti con ricotta di pecora.
Le portate inserite nel nuovo menù dell’archeo-ristorante “Caupona”, ricalcano proprio il tipo di alimentazione seguito dai gladiatori, ovviamente e opportunamente adeguate ai gusti di oggi. Il pasto si apre con la focaccia con finocchietto, miele e curry (Gustatio); seguono le alici ripiene con menta, limone, cacio fiore romano, pepe e scarola di Apicio ripassata con noci, uva sultanina, olive nere e capperi.
La Mensa Prima è la Zuppa dei Gladiatori, con orzo speziato, fave, porro, fieno greco, tonno scottato al timo e panis pompeiano al Garum. La Mensa Secunda è il salmone marinato con spezie orientali, salsa Teriyabi con Mirin, crema di ortica e zucchine all’Apicio. Si chiude con i Crustula: mousse di ricotta di pecora dolcificata con miele e carruba su biscotto di frumento e marmellata di fichi.
Caupona è il primo ristorante archeo-esperienziale ispirato alla città distrutta dal Vesuvio nel 79 d.C., dove mangiare diventa un’immersione negli usi e nei costumi della Pompei antica. Cibi e bevande, ispirati alle ricette di autori del passato come Apicio, Columella, Trimalcione, sono serviti in piatti e coppe di terracotta da personale in abiti d’epoca, per rendere l’esperienza ancora più unica e coinvolgente.
Anche tutto il resto è stato studiato per riprodurre, nei minimi particolari, le caratteristiche di una locanda e di una casa di epoca romana. L’accogliente giardino si rifà a quello di una domus, con una fontana zampillante circondata da cipressi, viti, rosmarino, aranci e limoni; sulle pareti campeggiano prezziari (in assi e sesterzi), graffiti e scritte elettorali che ricalcano quelle di una tipica osteria pompeiana. L’interno riprende il Termopolio di Vetuzio Placido e la bellissima Domus di Marco Lucrezio Frontone.
Tutti i dipinti murali e gli affreschi sono stati riprodotti a mano, come usavano fare anche i “copisti” dell’antica Pompei. La realizzazione del progetto – partito nell’aprile 2016 – ha richiesto circa un anno e mezzo di lavoro. Il ristorante sorge in una costruzione ad un solo livello, ottenuta dalla ristrutturazione di un casale rurale a Pompei, in via Masseria Curato, che riproduce fedelmente, all’interno e all’esterno, un edificio della Pompei antica.
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