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“È un blues in 6/8 arricchito da sintetizzatori, batterie elettroniche e sezioni orchestrali che donano al pezzo una veste più contemporanea. Il brano è nato da un giro di accordi molto semplice suonato al piano. In fase di arrangiamento abbiamo deciso, con BiancoSporcoProduzioni, di ‘sporcare’ un po’ questo blues, utilizzando suoni elettronici per le ritmiche e inserendo elementi sinfonici”.
In uscita per Aventino Music, ‘Blues del giorno dopo’ è un brano che parla di violenza, e condanna la concezione dell’amore e del sesso nel nostro tempo:
“Il brano è un’aperta denuncia alla violenza di genere e all’abuso psicologico (e non solo) perpetrato ai danni delle categorie più deboli, argomento di cui oggi si discute tantissimo. Il progresso tecnologico ci fa credere di essere divinità immortali, ci dà l’illusione di poter possedere tutto, ci trasforma in avidi ed insaziabili consumatori di cose, oggetti, persone. E noi ci prendiamo tutto, anche quello che non è nostro. La relazione che instauriamo con gli oggetti è la stessa che instauriamo con le persone; quando le persone hanno esaurito la loro funzione, o perso la loro efficacia, si sostituiscono con altre, come si fa con un oggetto; una volta rotto non si aggiusta: si cambia, si butta. Così, la protagonista del brano “apriva troppo poco le gambe” in una opposizione consapevole e cosciente al “freddo mercimonio della carne”, unica metodologia di relazione moderna. Consumare i corpi per il proprio piacere personale e poi “gettare via” la persona che, a quel punto, ha esaurito la sua funzione. Il suo aprire troppo poco le gambe nasconde una ferita ben più grande”.
Ispirata dai testi di Fabrizio De André, Rosanna Salati narra una storia che è fatta di crescita personale e rimpianto per il tempo perduto.
“Per la stesura del testo mi sono ispirata ad alcuni brani di Fabrizio de André come ‘Amore che vieni, amore che vai’ e ‘Via del Campo’, in cui i versi delle strofe portano avanti un racconto per immagini. ‘Blues del giorno dopo’ racconta di una donna che ‘seduta su un sasso cantava Come Back Home’; ma il suo canto non si rivolge alla persona amata, bensì a quella parte più ingenua e pura di sé stessa che ha perso crescendo. Ognuno di noi è costretto ad uccidere il fanciullo che ha dentro, è il prezzo da pagare per raggiungere la maturità; però, una volta raggiunta, questa maturità, vorremmo, invece, tornare a quando eravamo spensierati e felici, riacquisire la nostra identità perduta”.
“Simone ha fatto un lavoro bellissimo, a mio avviso. È riuscito a creare un’immagine forte, d’impatto, che sintetizza appieno il concetto di purezza, perdita, ricordo”.
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