“Siamo arrivati dove non credevamo di poter arrivare, a mezzo secolo dalla nostra nascita” Roma, 27 apr. (Adnkronos) – “Un miracolo. Un miracolo laico, ma pur sempre un miracolo!”. Così il direttore de il Manifesto Norma Rangeri definisce all’AdnKronos “l’aver raggiunto 50 anni di vita, per un giornale che non ha avuto mai né padroni né padrini”, fondato come ‘quotidiano comunista’ il 28 aprile del 1971.
“Non abbiamo mai avuto nessuno alle nostre spalle e abbiamo rischiato più volte di dover mettere fine a questa avventura editoriale, sempre per problemi di cassa, spesso sofferente quando non addirittura del tutto vuota”. Ma, prosegue Rangeri “nonostante questo, siamo arrivati dove non credevamo di poter arrivare, a mezzo secolo dalla nostra nascita.
Siamo riusciti a concretizzare un sogno, diventando noi padroni del ” che è una cooperativa non di lucro ma che si pone fini ben più appaganti e coinvolgenti. Ci siamo riusciti e continuiamo a sognare”. Tiene a sottolineare l’attuale direttore che “senza una comunità di persone, di lettori, di sostenitori, che ci è sempre stata vicina, non saremmo potuti arrivare a questo punto. Il segreto de il Manifesto
è avere una community formidabile, partecipativa, specie nei momenti più critici, che ci ha fatto arrivare a 50 anni di vita, mentre altre corazzate editoriali e politiche sono scomparse. Noi, che siamo un piccolo vascello corsaro, continuiamo a navigare, presenti ogni giorno in edicola, in salute e con lo stesso spirito di quando il Manifesto è nato”.Un giornale che mantiene orgogliosamente la dicitura di ‘quotidiano comunista’ sotto la sua testata… “Quel ramo che si separava dal grande albero del Partito comunista già si predisponeva, per il gruppo di intellettuali che lo fondava, comunisti ‘eretici’, alla contaminazione con l’onda d’urto travolgente del Sessantotto, intendendo il giornale quotidiano come una nuova e originale forma della politica: non si fondò un gruppo, parlamentare o extraparlamentare, ma si abbracciò la folle idea di fare un quotidiano”, ricorda Norma Rangeri. Ciò, “costituì una radice politica molto forte, allora come ancora oggi. Quotidiano ‘comunista’ – spiega il direttore – perché al tempo stesso testimoni di un passato ideologico in contrapposizione a un apparato di partito che ci chiedeva chi ci pagasse… e anche interpreti di un presente che non vuole piegarsi alla forza del capitalismo e del liberismo, sempre dalla parte dei lavoratori, dando voce e visibilità ai più indifesi, ai più deboli, agli sfortunati della Terra, credendo in un futuro più giusto e più equo”. Come sintetizzava una campagna pubblicitaria che giocava felicemente sul doppio senso della parola, al tempo stesso aggettivo e verbo, “la rivoluzione non ‘russa’…”.
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