In Italia i giornalisti sono regolarmente minacciati e “presi di mira”, non solo dalla criminalità organizzata ma anche dagli esponenti di movimenti politici e dai “negazionisti” del Covid-19. E’ quanto sottolinea Reporter Senza Frontiere (Rsf) el suo rapporto annuale sulla libertà di informazione, che vede l’Italia stabile al quarantunesimo posto in “zona gialla”, ovvero tra quei Paesi dove la situazione e’ “piuttosto buona”.
“Una ventina di giornalisti italiani vivono oggi sotto la protezione permanente della polizia a causa di intimidazioni, minacce di morte e attacchi contro di loro, formulati e perpetrati in particolare da organizzazioni criminali e reti mafiose”, si legge nel rapporto, “la violenza contro i professionisti dell’informazione continua ad aggravarsi, soprattutto nell’area di Roma e nel sud del Paese”.
“Nella capitale i professionisti dell’informazione nell’esercizio delle loro funzioni sono stati aggrediti fisicamente da attivisti di gruppi neofascisti, ma anche verbalmente da sostenitori di gruppi politici, come è avvenuto ad esempio durante le manifestazioni di attivisti di un partito al governo, il Movimento 5 Stelle”, prosegue il rapporto dell’Ong, “complessivamente, i media italiani hanno potuto continuare a svolgere liberamente il proprio lavoro durante la pandemia, nonostante il decreto-legge del 17 marzo 2020 (Cura Italia) che specificava che le pubbliche amministrazioni dovevano sospendere temporaneamente (per mancanza di personale e per pericolo di contaminazione) tutte le richieste di accesso a documenti che non fossero di natura estremamente urgente. L’accesso ai dati e’ stato quindi piu’ difficile per tutti i media nazionali”. “I principali ostacoli per i giornalisti della penisola, pero’, sono stati i militanti negazionisti, un universo molto eterogeneo di manifestanti fatto di guerriglieri urbani, militanti ‘no mask’, neofascisti, teppisti, ‘anarchici’ e infiltrati della criminalita’ organizzata”, spiega ancora Rsf, “questi negazionisti hanno spesso, soprattutto durante l’ondata di proteste di ottobre e novembre, minacciato e aggredito fisicamente i giornalisti che coprivano le proteste”.
Vaccino principale contro la disinformazione”, l’esercizio del giornalismo è “totalmente o parzialmente bloccato” in piu’ di 130 paesi. E’ l’allarme lanciato da Reporter Senza Frontiere (Rsf) in una fase in cui la crisi sanitaria sta rendendo ancora piu’ difficile la copertura informativa. Secondo la classifica mondiale annuale sulla libertà di stampa, pubblicata dall’Ong, il 73% dei 180 paesi valutati sono caratterizzati da situazioni ritenute “gravissime”, “difficili” o “problematiche” per la professione. Solo 12 paesi su 180, ovvero il 7%, contro l’8% del 2020, mostrano una “buona situazione”. Una “zona bianca” che “non e’ mai” stata “cosi’ piccola dal 2013”, avverte Rsf.
Inoltre, la pandemia di Covid-19 ha rappresentato per i governi “una forma di opportunità per limitare la libertà di stampa”, ha spiegato alla France Presse il segretario generale di Rsf, Christophe Deloire. La repressione si è quindi aggravata ulteriormente nei Paesi dove la libertà di stampa è più compromessa, come l’Arabia Saudita e la Siria, rispettivamente al centosettantesimo e al centosettantatreesimo posto della classifica. La pandemia ha anche “provocato un enorme blocco degli accessi” al territorio e alle fonti per i giornalisti “, in parte legittima, quando si trattava di precauzioni sanitarie, ma anche illegittima, ha avvertito Deloire. La situazione è tanto più preoccupante in quanto il giornalismo è il principale baluardo contro la “viralita’ della disinformazione oltre confine, sulle piattaforme digitali e sui social network”, a volte alimentata dal potere. I presidenti Jair Bolsonaro in Brasile (111/ma posizione, -4) e Nicolas Maduro in Venezuela (148/ma posizione, -1) hanno cosi’ “promosso farmaci la cui efficacia non e’ mai stata dimostrata dal mondo medico”, ricorda la Ong. In Iran (174/ma posizione, -1) le autorita’ “hanno moltiplicato le condanne dei giornalisti per minimizzare meglio il numero di morti legate” al Covid-19. L’Egitto (166/ma posizione), da parte sua, vieta “la pubblicazione di dati sulla pandemia diversi da quelli del ministero della Salute”. La Malaysia, che segna l’arretramento piu’ netto (119/ma posizione, -18), ha recentemente approvato “un decreto anti-fake news” che concede al “governo il diritto di imporre la propria versione della verita'”. E in Ungheria (92/ma posizione, -3), dove il regime di Viktor Orba’n “porta avanti in modo sfacciato” la repressione della libertà di stampa, le informazioni sul coronavirus sono “bloccate” in particolare dalla legislazione di emergenza in vigore da marzo 2020 che criminalizza “la diffusione” di false informazioni “.
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Inoltre, la pandemia di Covid-19 ha rappresentato per i governi “una forma di opportunita’ per limitare la liberta’ di stampa”, ha spiegato alla France Presse il segretario generale di Rsf, Christophe Deloire. La repressione si e’ quindi aggravata ulteriormente nei Paesi dove la liberta’ di stampa e’ piu’ compromessa, come l’Arabia Saudita e la Siria, rispettivamente al centosettantesimo e al centosettantatreesimo posto della classifica. La pandemia ha anche “provocato un enorme blocco degli accessi” al territorio e alle fonti per i giornalisti “, in parte legittima, quando si trattava di precauzioni sanitarie, ma anche illegittima, ha avvertito Deloire. La situazione e’ tanto piu’ preoccupante in quanto il Giornalismo e’ il principale baluardo contro la “viralita’ della disinformazione oltre confine, sulle piattaforme digitali e sui social network”, a volte alimentata dal potere. I presidenti Jair Bolsonaro in Brasile (111/ma posizione, -4) e Nicolas Maduro in Venezuela (148/ma posizione, -1) hanno cosi’ “promosso farmaci la cui efficacia non e’ mai stata dimostrata dal mondo medico”, ricorda la Ong. In Iran (174/ma posizione, -1) le autorita’ “hanno moltiplicato le condanne dei giornalisti per minimizzare meglio il numero di morti legate” al Covid-19. L’Egitto (166/ma posizione), da parte sua, vieta “la pubblicazione di dati sulla pandemia diversi da quelli del ministero della Salute”. La Malaysia, che segna l’arretramento piu’ netto (119/ma posizione, -18), ha recentemente approvato “un decreto anti-fake news” che concede al “governo il diritto di imporre la propria versione della verita'”. E in Ungheria (92/ma posizione, -3), dove il regime di Viktor Orba’n “porta avanti in modo sfacciato” la repressione della liberta’ di stampa, le informazioni sul coronavirus sono “bloccate” in particolare dalla legislazione di emergenza in vigore da marzo 2020 che criminalizza “la diffusione” di false informazioni “.
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