Don Vincenzo Simeoli laureato in lingue all’Orientale di Napoli, avviato ad una brillante carriera nel settore turistico alberghiero nel quale lavorava da oltre vent’anni ricoprendo l’incarico di direttore presso alcune prestigiose strutture ricettive dell’Isola. Parroco in solido presso la chiesa di Marina Grande a Capri e cappellano presso l’ospedale cittadino, don Vincenzo aveva quarant’anni quando rispose alla chiamata di Cristo, avvertendo la necessità di intraprendere il cammino eucaristico.
E il 4 aprile del 1987, perlatro nell’anno in cui Capri festeggiava il millenario della elevazione a dignità metropolita, don Vincenzo venne ordinato sacerdote dall’allora Vescovo Antonio Zama nella chiesa di San Costanzo. Reduce dagli studi presso i Gesuiti di Posillipo e successivamente all’Orientale di Napoli, don Vincenzo scelse così la strada del sacerdozio. Dopo gli studi teologici gli incarichi parrocchiali in penisola sorentina dove è stato prima vice parroco alla Santissima Trinità di Piano di Sorrento (qui vi tornò qualche anno più tardi con ruolo di guida spirituale), parroco a Preazzano di Vico Equense, vice parroco a Mortora e parroco a Schiazzano di Massa Lubrense.
Questo il peregrinare prima del trasferimento a Capri, sua terra natia, avvenuto nel 2005. Le radici amalfitane e la grande devozione a Sant’Andrea, patrono di Amalfi, hanno accompagnato il cammino di don Vincenzo.
Il prelato, infatti, ha sempre incrociato negli anni in cui ha svolto i ruoli di guida parrochiale, più di una icona che riconduceva al culto di Sant’Andrea. In particolare nella parrocchia di Trinità a Piano dove e presente una tela dell’apostolo del 1600 e a Capri dove è custodita una statua del 1700.
Autore di numerosi testi e volumi,Nel 2018 “Don Vincenzo Simeoli pubblicò “Capri e la sua diocesi” una grande opera storica dove colma un vuoto nella storiografia caprese. Nel testo frutto di anni di ricerca , infatti, oltre a documentare cronologicamente l’avvicendarsi dei vescovi nella Diocesi di Capri, documenta – indirettamente – le abitudini e i comportamenti della popolazione locale nel corso dei secoli, ancor prima che i viaggiatori scrittori cominciassero a farlo. Nei documenti proposti compaiono cognomi sorrentini amalfitani di proprietari di piccoli appezzamenti di terreno e di case sull’isola a dimostrazione della influenza esercitata da Amalfi e Sorrento nel periodo medievale. Alcune famiglie amalfitane avevano sull’isola attività commerciali e proprietà: “tantas petias de terra”, come si ritrova in un documento del tempo.
Molte di queste famiglie si radicarono sul territorio dell’isola e diventarono famiglie imporranti e facoltose che espressero, in massima parte, vescovi, notai, canonici, presbiteri, cantori. l documenti “fotografano” i passaggi di proprietà, le enfiteusi, i lasciti testamentari, la fondazione di monasteri, conventi e cappelle; testimonianze preziose per il ricercatore che si propone di studiare le trasformazioni dell’isola.
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