Un’attentato terroristico ancora senza giustizia e trentatrè anni dopo viene collocata una targa, insieme a due corone d’alloro, per ricordare le 5 vittime e i 15 feriti.
Nel corso di una breve cerimonia, senza discorsi ufficiali, è stata ricordata la strage in via Calata San Marco, nel centro di Napoli, dove il 14 aprile del 1988, intorno alle 20, un’autobomba esplose uccidendo cinque persone e provocando 15 feriti. All’ iniziativa sono intervenuti il prefetto di Napoli, Marco Valentini, il sindaco Luigi De Magistris, il procuratore Giovanni Melillo, il console generale USA a Napoli , Mary Avery, ed i vertici delle Forze dell’ Ordine. “La citta’ di Napoli a perenne ricordo delle vittime di Calata San Marco e di tutte le vittime del terrorismo”, recita la targa.
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Il Console USA ha definito l’ iniziativa “un segno dell’ amicizia tra Stati Uniti ed Italia. L’ impegno per assicurare alla giustizia il responsabile dell’ attentato continua – ha aggiunto -. questa è una ferita ancora aperta. Attentati come questo non colpiscono solo la comunita’ italiana ed americana, ma i loro effetti durano negli anni. Ecco perche’ 33 anni dopo ricordiamo questo evento”.
Le indagini sull’attentato di Calata San Marco “sono oltremodo delicate e difficili, chiamate a ricostruire storie personali, trame e scenari che oggi sembrano lontani e inafferrabili ma che noi crediamo possano essere invece ricomposti e decifrati”. Ha detto il procuratore della Repubblica di Napoli, Giovanni Melillo, intervenuto al webinar organizzato dalla Prefettura di Napoli nell’anniversario dell’attentato quando l’esplosione di un ordigno davanti all’Uso Club, circolo militare statunitense, causò la morte di 5 persone: i napoletani Antonio Gaezza, Assunta Capuano, Guido Scocozza e Maurizio Perrone, che si trovavano casualmente in quel luogo, e Angela Santos, marine statunitense. L’attentato fu opera dell’Armata Rossa Giapponese. “L’ufficio che dirigo – ha spiegato Melillo – avverte il valore dell’impegno a cogliere ogni sforzo utile per continuare a fare opera di verità e di giustizia, uno sforzo che oggi come allora si avvale della collaborazione della Polizia di Stato, come testimoniato dalle parole di Lamberto Giannini che, da direttore centrale dell’antiterrorismo, oltre un anno fa ha voluto condividere la scelta di dar vita e nuova linfa alle indagini. Contiamo sulla collaborazione ai fini di giustizia di altri Stati, primi fra tutti gli Stati Uniti d’America che non hanno mai chiuso il file aperto con l’uccisione del marine Angela Santos”.
I nomi delle 5 vittime, ha sottolineato il procuratore, “sono finalmente incisi in una targa che è stata scoperta oggi sul luogo dell’esplosione. Se c’è un tratto comune fra le innumerevoli varianti di terrorismo a livello internazionale è lo svilimento della vita umana, in ogni declinazione del terrorismo la vittima è resa insignificante, conta solo nella prospettiva che muoia nel modo più utile al metodo politico e ideologico della paura. Ricordare il sacrificio delle vittime di Calata San Marco – ha concluso Melillo – vale a dimostrare il contrario, cioè che la città di Napoli e il nostro Paese non dimenticano questa e le altre stragi che ne hanno insanguinato la storia recente”.
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