A evidenziarlo uno studio, pubblicato sul server di prestampa medRxiv, condotto dagli scienziati dell’Università di Tor Vergata, dell’Ospedale Bambino Gesù, dell’Universitaà di Padova, dell’Università di Roma Tre e del Centro di ricerca Enrico Fermi, che hanno elaborato dei modelli epidemiologici per stabilire gli effetti della somministrazione diffusa della prima dose di vaccino a un numero maggiore di persone, in contrapposizione all’accantonamento del materiale immunizzante per il richiamo.
“La carenza di vaccini – spiega Giuseppe Pontrelli dell’Università di Tor Vergata – pone sfide rilevanti per le autorita’ sanitarie, chiamate ad agire in modo tempestivo nonostante la scarsita’ di dati, informazioni e materiali immunizzanti. Il nostro modello mostra che dare la priorita’ alla somministrazione della prima dose potrebbe portare a una serie di vantaggi nel contesto italiano”.
Il team ha sviluppato un modello per valutare l’impatto della vaccinazione sulla mortalità degli anziani, considerando il programma vaccinale con il richiamo a 3-4 settimane e la somministrazione della prima dose. Gli scienziati hanno esaminato lo scenario italiano, ritenuto rappresentativo di altri paesi in cui vigono condizioni simili di circolazione del virus, mortalità e carenza di vaccini, valutando il periodo compreso tra il 10 febbraio e il 14 aprile 2021.
Il gruppo di ricerca ha focalizzato l’attenzione su 4.442.048 persone con piu’ di 80 anni per stabilire gli effetti delle due strategie di vaccinazione sulla popolazione anziana. “Le campagne vaccinali con priorita’ alla somministrazione della prima dose – riporta l’autore – mostravano un aumento significativo di individui protetti e una diminuzione dei decessi fino al 19,8 per cento in meno rispetto al programma standard”.
“I vaccini Pfizer e AstraZeneca negli studi sperimentali hanno mostrato un’ottima efficacia anche dopo la prima dose – continua l’esperto – un recente studio israeliano ha stimato un’efficacia dell’85 per cento nel ridurre i casi sintomatici di Covid-19, e un’indagine condotta in Scozia sugli operatori sanitari sembra confermare tali dati”. Gli autori sottolineano che si tratta di un effetto a breve termine, ma sempre superiore al minimo indicato dall’Agenzia europea del farmaco (Ema) come soglia di adeguatezza della procedura immunizzante.
“Il Regno Unito ha adottato la strategia di rinviare la somministrazione della seconda dose a 12 settimane – osserva Giulio Cimini dell’Ospedale Bambino Gesu’, coautore dell’articolo – l’obiettivo e’ quello di estendere la protezione al numero di persone piu’ elevato possibile in attesa delle nuove scorte di vaccini”.
I ricercatori sostengono che i benefici attesi nel caso della somministrazione diffusa della prima dose secondo la piena disponibilità potrebbero salvaguardare la salute degli anziani. “Se consideriamo uno scenario con 800 mila dosi, circa il 18 per cento della coorte – spiega Marco Roversi, collega e coautore di Pontrelli – con il programma standard di due dosi a distanza di 3-4 settimane e l’accantonamento del materiale immunizzante, un tasso di mortalita’ settimanale di 40 decessi ogni 100 mila persone si tradurrebbe nella perdita di 7.061 pazienti entro il 14 aprile. Considerando gli stessi parametri e dando priorità alla somministrazione della prima dose il nostro modello prevede 1.397 decessi in meno, pari a una riduzione del 19,8 per cento delle morti”.
“Il vantaggio è evidente – conclude Pontrelli – il nostro schema mostra che eseguire una campagna di vaccinazione dando priorità alla prima dose potrebbe contribuire a proteggere un numero significativamente maggiore di persone ultraottantenni”.
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