[Comunicato stampa]
“Non comprendiamo perché sui contagi causati dalla scuola in presenza, da settembre scorso stiamo ad inseguire anziché a prevenire”. È quanto denuncia l’Unsic, che già alla vigilia della partenza dell’anno scolastico era giunta alle stesse conclusioni a cui oggi stanno arrivando gli organismi istituzionali sul rilevante peso delle scuole nel cumulo dei contagi.
“Siamo a marzo e si parla di decisioni governative subordinate ad uno studio del Cts, che però deve essere ancora divulgato. Assurdo che, ad oggi, a livello istituzionale manchino dati inconfutabili. Sarebbe stato sufficiente prendere nota delle tante qualificate opinioni espresse dagli esperti, da Crisanti a Galli, da Lopalco a Pregliasco, o far proprie le ricerche indipendenti diffuse in questi mesi, da quella di Roberto Battiston sui 30 milioni di contatti quotidiani attivati dalla scuola a quelle di Giovanni Sebastiani del Cnr, l’ultima delle quali evidenzia chiaramente come l’aumento dei ricoveri in terapia intensiva sia maggiore nelle regioni dove si è tornati prima in classe dopo le vacanze natalizie. Conclusione a cui eravamo giunti anche noi, semplicemente assemblando e diffondendo lo scorso 8 febbraio i dati provinciali di repentina crescita dei contagi in Abruzzo e Toscana, le prime regioni a riaprire le scuole e le prime non a caso a finire in zona arancione il 12 febbraio, a distanza di un mese dalle riaperture”.
L’Unsic è capofila nella battaglia per la Dad in ambito emergenziale, non perché entusiasta del virtuale sul reale, ma per limitare la diffusione del virus con le sue nefaste conseguenze. La petizione Unsic per la Dad nel periodo d’emergenza ha raccolto 196mila adesioni in pochi giorni. Il sindacato ha anche chiesto la priorità per docenti e maturandi nelle vaccinazioni.
“Sulla scuola si è sbagliato troppo – spiega Domenico Mamone, presidente dell’Unsic e autore con Giampiero Castellotti del libro ‘Covid e dintorni’, con un ampio capitolo dedicato proprio alla scuola. “Si sarebbe dovuto investire tutto sulle nuove tecnologie e sulla formazione, anziché su elementi materiali come i banchetti, le mascherine o le manutenzioni. Si sarebbero dovute assicurare presenze di personale sanitario e di operatori specializzati in tracciamenti. Il ministero si sarebbe dovuto affidare a matematici e statistici per monitorare costantemente la situazione. Invece ci avviamo verso la conclusione dell’anno scolastico con decisioni imposte dal virus e applicate a macchia di leopardo, lì dove i buoi sono già scappati dalla stalla e il numero delle terapie intensive occupate è in crescita da undici giorni”.
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