Ignorato in relazione alla morte di Cristina Alongi, la donna di 44 anni schiacciata da un pino abbattutosi sulla sua auto, in via Aniello Falcone, il 10 giugno del 2013. La funzionaria comunale, il 5 luglio 2018, era stata gia’ condannata in secondo grado dalla prima sezione della Corte di Appello di Napoli, ma con i suoi legali presento’ ricorso in Cassazione: il 5 giugno 2019 la Suprema Corte ha annullato la sentenza rimandando il giudizio a un’altra sezione (la seconda) della Corte di Appello di Napoli. Questi giudici, lo scorso 3 febbraio, hanno confermato il pronunciamento di primo grado.
L’agronoma fu l’unica dei tre imputati ad essere condannata in primo grado, il 16 settembre 2016. In quell’occasione vennero assolti gli altri due imputati: un agente della Polizia Municipale e un vigile del fuoco. In secondo grado, nel luglio 2018, venne condannato dalla prima sezione della Corte di Appello anche il vigile del fuoco, a un anno e sei mesi di reclusione. Per i giudici la tragedia poteva essere evitata se il pino fosse stato messo in sicurezza il 23 maggio di quell’anno (il 2013) quando il titolare di un bar, accortosi del pericolo rappresentato da quell’albero, lancio’ l’allarme telefonando ai vigili del fuoco.
Qualche mese prima, l’ufficio comunale preposto esegui’ una ispezione visiva dell’albero senza pero’ rivelare le critiche condizioni in cui versava. Il marito e la figlia di Cristina Alongi sono stati assistiti nel processo dagli avvocati Andrea Imperato e Adriano Baffi, mentre i fratelli della vittima si sono affidati al penalista Maurizio Sica. “La sentenza ricostruisce nel dettaglio le ragioni della responsabilita’ penale per la sottovalutazione delle condizioni dell’albero, – dice l’avvocato Baffi – nonche’ per la mancata segnalazione della necessita’ di un intervento immediato. La caduta del pino di via Aniello Falcone era un evento prevedibile. La noncuranza delle autorita’ pubbliche, garanti della tutela del verde e dell’incolumita’ dei cittadini, non ha permesso di scongiurare il crollo”, conclude il legale.
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