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Ho maturato questa decisione dopo aver riflettuto a lungo e non nascondo il grande rammarico di non poter portare a termine tante delle cose a cui stavo lavorando (e anzi mi scuso con chi apprenderà da questa lettera della mia decisione) così come quello di lasciare una squadra, quella composta da staff e dirigenti, con cui in questo anno e mezzo avevamo costruito un affiatamento incredibile e una comunità umana meravigliosa.
Ho tuttavia deciso di rassegnare le dimissioni e di consegnarle al Sindaco, nonostante non mi sia stato chiesto alcun passo indietro, perché se è vero che oramai da tempo non mi riconosco più in questo progetto politico e amministrativo, devo ammettere che le ultime vicende, quelle che riguardano la composizione della commissione tecnico-popolare per la scelta della statua di Maradona, stanno assumendo la piega di un pesantissimo accanimento personale, che è arrivato alla perquisizione in casa con il sequestro di telefoni e computer (motivo per cui sono irreperibile da qualche settimana) e dalla pubblicazione sui giornali cittadini di atti che mi riguardano relativi ad indagini ancora in corso di cui a stento io stessa avevo avuto conoscenza.
Scelte per le quali non devo in alcun modo giustificarmi perché sono state fatte nella massima trasparenza e correttezza e che rivendico fortemente, perché al di là delle ricostruzioni strumentali, coinvolgere i settori popolari del tifo all’interno di una commissione che avrebbe dovuto giudicare il progetto del monumento da dedicare a Maradona e che vede al suo interno autorevoli esponenti del mondo della cultura e dello sport e della famiglia del Pibe de oro, è esattamente quella idea di politica in cui credo, che è una politica che include, che coinvolge, che permette a tutti di partecipare, che aiuta il dialogo tra pezzi di città apparentemente lontani.
Un’idea che voleva provare a rispettare e celebrare nel modo più giusto la figura di Diego, che nella sua potenza e nella sua genialità ha saputo unire in un’unica grande passione la città tutta, facendo emozionare i napoletani dei quartieri alti coma quelli dei quartieri più poveri, stretti in un unico grande sogno, quello del riscatto di un popolo.
Certo fa sorridere che in un territorio dove spessissimo proprio la politica va a braccetto con la criminalità organizzata, dove su ogni grande appalto appare l’ombra tetra della camorra, dove il voto di scambio è prassi consolidata, si discuta e si lavori da mesi sulla scelta di aprire la commissione di valutazione del monumento a Maradona alle tifoserie.
Ma il tempo è galantuomo e questa vicenda alla fine verrà fuori per quella che è. Di questo ne sono convinta.
Eppure su ciò che sta accadendo, alla luce del fatto che si tratta evidentemente di una invasione di campo della magistratura sul terreno della politica in cui ad essere oggetto di valutazione è il perimetro delle scelte di chi attraverso un mandato elettivo governa la città , ritengo avrebbe potuto esserci una maggiore esposizione da parte dell’amministrazione , a tutela di scelte che sono stata fin dal primo istante condivise.
Non c’è stata e ne prendo atto.
Tuttavia la mia decisione è motivata da ragioni assai più profonde e di più lunga durata rispetto ai fatti recenti, che hanno di certo amplificato la sensazione di estrema lontananza da questa amministrazione.
Non ho mai fatto mistero dell’enorme scetticismo nei confronti dell’indicazione di un candidato sindaco per le prossime amministrative, calata dall’alto e senza confronto con la città.
Nessun pregiudizio. Piuttosto la convinzione da principio che quella candidatura non sarebbe riuscita ad interpretare né a farsi portavoce delle battaglie, delle rivendicazioni e delle scelte più radicali, innovative e progressiste che hanno caratterizzato le fasi migliori di questo decennio né a costruire una visione di città inclusiva, capace di guardare innanzitutto alle fragilità e di sfidare l’asfittico dibattito tra ceto politico che si sta sviluppando alla viglia del voto.
Ho atteso, cercando di comprendere se nonostante questa scelta così lontana dai miei auspici, si sarebbero potuti creare i presupposti per costruire una strada di condivisione, di dibattito, di confronto sul presente e sul futuro della città.
A distanza di sei mesi però non solo tutto questo non è accaduto e la candidata lavora esclusivamente per se stessa, ma l’amministrazione appare in larga parte, anche a chi non vive il “palazzo”, sempre più distante dalla città reale, dai suoi problemi, dalle sue contraddizioni, e sempre più concentrata nella costruzione di partite interne che hanno il consenso elettorale come unico obiettivo.
Ci sono storie che semplicemente ad un certo punto arrivano ad un epilogo.
Accade nella vita personale come in quella politica.
Accade quando viene meno la fiducia e soprattutto quando non si comprende più in che direzione si sta andando insieme.
Bisogna saper riconoscere quando arriva questo tempo e non trascinarsi inerti rischiando di tradire la propria coerenza e la propria integrità.
Ecco perché oggi la mia esperienza amministrativa termina qui.
Senza rancore, ma con molta delusione e di sicuro con il rammarico enorme di non riuscire ad accompagnare la mia città, quella a cui ho dato ogni istante del mio tempo di questi ultimi anni, nel momento più atteso.
Quello della nuova alba, della ripartenza, della rinascita che sono convinta ci sarà e sarà bellissima. Perché meritiamo un’alba bellissima.
Non nascondo che questi anni sono stati estremamente faticosi sul piano politico e su quello personale. Le ultime vicende sono solo l’epilogo di una storia assai più lunga.
Ho subito attacchi di ogni tipo, mai sull’azione amministrativa, ma sempre sulle scelte politiche e sulle opinioni.
Sono stata attaccata dal segretario della Lega Matteo Salvini, letteralmente perseguitata sui social network per mesi dai suoi seguaci leghisti. Sono stata attaccata per le mie posizioni a favore della causa palestinese.
Attacchi che puntavano e puntano ancora oggi solo a delegittimare il mio percorso politico di donna militante prima e di donna delle istituzioni poi, che ha semplicemente scelto di restare fedele alle proprie idee e di non voltare mai le spalle alla propria comunità e al proprio mondo di provenienza.
Se tutto questo ha fatto paura sono felice di aver fatto paura.
Dal canto mio, come Assessora, ho fatto il massimo possibile in un anno difficilissimo, con risorse esigue (imparagonabili a quelle degli anni precedenti) ed infinite restrizioni, cercando di ascoltare ed incontrare tutti, restando fedele a due principi fondamentali, che questo paese troppo spesso dimentica: che il lavoro culturale sia lavoro e come tale va protetto e tutelato e che la cultura è linfa vitale delle città, senza la quale crescono rapide le passioni tristi, il rancore, la barbarie sociale.
Quello che sono riuscita a fare lo devo innanzitutto a Napoli, città che anche quando è in ginocchio reclama bellezza e per la quale ho avuto l’onore di ricoprire un ruolo prestigiosissimo.
Spero solo di essere riuscita a lasciare un piccolo segno positivo in questo tempo così buio
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