Erano stati accusati da un collega di essere “stipendiati dal clan degli scissionisti”, i tre carabinieri che oggi il collegio B della prima sezione del Tribunale di Napoli ha assolto con la formula “il fatto non sussiste”.
Gli appuntati Giuseppe Lisco, Andrea Corciulo e Giuseppe Costanzo, all’epoca dei fatti contestati in servizio presso nella stazione dei carabinieri di Napoli-Marianella, erano stati accusati di corruzione aggravata dopo le dichiarazioni rese da un loro collega, il vice brigadiere Mario Tomarchio, il quale riferi’ che, come lui, anche i tre appuntati erano stipendiati dal clan degli scissionisti di Secondigliano. Un’accusa che Tomarchio ritratto’, nel corso di un’udienza del processo che risale al 4 aprile di due anni fa (2019), durante la quale affermo’ di essersi inventato tutto per ottenere uno sconto di pena: “quei tre carabinieri non hanno preso un soldo dal clan”, disse.
L’ex vice brigadiere Tomarchio, invece, era stato condannato a 12 anni di reclusione e venne chiamato dagli inquirenti della DDA a deporre al processo per corruzione aggravata. Oggi la sentenza, e soprattutto la formula con la quale sono stati assolti, riabilita i tre carabinieri. L’assoluzione peraltro era stata chiesta anche dal sostituto procuratore di Napoli Vincenza Marra. “Oggi, per questi tre innocenti Carabinieri, si conclude un incubo durato 12 anni”, ha detto il legale dei militari, l’avvocato Bruno Cervone, dopo la lettura della sentenza.
“Abbiamo sempre ribadito e dimostrato, – ha aggiunto il legale – nel corso del dibattimento, la nostra innocenza fornendo documentali, oggettive ed inequivocabili confutazioni alle accuse rivolte ai miei assistiti”. “Basti pensare che, – ha detto ancora Cervone – alla fine dell’iter processuale, e’ stata la Procura stessa a chiedere l’assoluzione. Sono felicissimo per i miei assistiti e auguro loro di poter ritrovare presto la serenita’ perduta per aver vissuto, da innocenti, un interminabile incubo durato piu’ di un decennio”.
Un incubo iniziato dodici anni fa, quando un loro collega carabiniere, il vice brigadiere Mario Tormarchio, li aveva accusati di essere al soldo della camorra e, in particolare, stipendiati dal clan degli scissionisti di del quartiere di Secondigliano a Napoli, come lo era lui da tempo.
Tutto nasce dalle accuse di Tomarchio, arrestato e condannato a 12 anni per corruzione aggravata. Aveva detto che come lui, anche tre dei suoi colleghi (gli appuntati Giuseppe Lisco, Andrea Corciuolo e Giuseppe Costanzo) prendevano soldi dagli Amato-Pagano in cambio di soffiate. Ma nel corso dell’udienza del 4 aprile 2019 ritratto’ ogni accusa che aveva formulato, dicendo che lo aveva fatto perche’ pensava cosi’ di avere uno sconto di pena.
Articolo pubblicato il giorno 4 Marzo 2021 - 19:09