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L’uomo da tempo stabilmente residente nel capoluogo umbro, operante nel settore del commercio ambulante di tessuti ed indumenti usati, ritenuto responsabile di trasferimento fraudolento di valori, per avere attribuito fittiziamente a terzi beni immobili e quote societarie al fine di eludere la normativa in materia di misure di prevenzione patrimoniale ed agevolare la condotte di riciclaggio. L’indagine (avviata dopo la segnalazione di presunte movimentazioni bancarie sospette da parte dell’Unita’ di informazione finanziaria della Banca d’Italia) supportata da intercettazioni telefoniche e da accertamenti patrimoniali ha consentito di scoprire che l’indagato principale – secondo gli investigatori – aveva assegnato fittiziamente la titolarita’ di immobili ed imprese a congiunti e ad altri prestanome, cosi’ reimpiegando somme provenienti dal nucleo familiare di origine, residente nell’area di Secondigliano e, ritenute di origine illecita.
Secondo la guardia di finanza l’analisi dei flussi finanziari ha permesso, infatti, di collocare temporalmente l’origine di tale provvista alla fine degli anni novanta, allorquando la famiglia del principale indagato era rimasta coinvolta in indagini per delitti di criminalita’ organizzata e in maniera particolare al clan Licciardi. Nel dettaglio, le investigazioni hanno evidenziato come l’imprenditore avesse attribuito formalmente al figlio la proprieta’ di tre immobili nel comune di Perugia, nonche’ di un terreno e di un fabbricato in costruzione sull’isola di Ischia, acquisiti presso aste giudiziarie per un prezzo complessivo di quasi mezzo milione di euro. Inoltre – riferiscono ancora le fiamme gialle -, e’ emersa l’intestazione fittizia ad altri soggetti di imprese attive nel commercio ambulante presso le piu’ importanti aree mercatali dell’Umbria, comparto nel quale il “principale indagato” e’ risultato aver acquisito una posizione di leadership, controllando, di fatto, la maggior parte dei “banchi”.
Seguendo la ricostruzione effettuata dei finanzieri e condividendo le ipotesi accusatorie formulate dal pubblico ministero, il gip ha evidenziato che le condotte di fittizia intestazione erano successive ad una proposta di applicazione di misura di prevenzione nei confronti dell’imprenditore, il quale era a conoscenza della pendenza del procedimento a suo carico e, pertanto, pienamente consapevole che gli si sarebbe potuta applicare anche una misura di carattere patrimoniale. “Tale consapevolezza – sottolinea il giudice – avevano gli altri concorrenti nei reati contestati… Cio’ emerge dal contenuto delle conversazioni captate… dalle quali traspare un rapporto di estrema confidenza fra tutti gli indagati, tale da far ragionevolmente reputare che gli stessi fossero tutti a conoscenza del procedimento di prevenzione pendente e che abbiano agito al solo fine esclusivo di venire incontro alle necessita’ del (omissis) per non farlo risultare formalmente intestatario di societa’ o beni”. Sulla base di tali considerazioni, e’ stato disposto il sequestro preventivo, ai fini della confisca diretta, di tutti gli immobili e delle quote societarie fittiziamente intestate a terzi.
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