Su disposizione della Procura di Nocera Inferiore, i finanzieri di Salerno hanno eseguito il sequestro preventivo di beni, fino alla concorrenza di circa 80mila euro, nei confronti di due imprenditori, ritenuti responsabili dei reati di bancarotta e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
Gli accertamenti delle fiamme gialle di Scafati sono iniziati nel mese di luglio 2018, quando e’ stata dichiarata fallita una societa’ di Angri , operante nel settore della fabbricazione di impianti elettrici per le industrie. Nel corso delle indagini e’ emerso che, nell’ultimo biennio, l’impresa aveva accumulato debiti con il Fisco per diverse centinaia di migliaia di euro, che ne hanno causato il dissesto finanziario, quando in precedenza – solo nel 2015 – vantava un attivo di quasi un milione e 300mila euro. Nel ripercorrere le vicende societarie, i militari hanno scoperto che, proprio per ostacolare la ricostruzione del patrimonio societario, destinato alla liquidazione dei creditori “insinuatisi” nell’asse fallimentare, gli imprenditori avevano falsificato i bilanci e distrutto – o comunque occultato – la documentazione contabile, “svuotando” in breve tempo l’azienda di tutti i beni.
Tra questi, innanzitutto il denaro, fatto appositamente confluire su conti correnti personali o di societa’ comunque riconducibili ai due, nonche’ una nuova e lussuosa Audi A8L, intestata ad un vicino di casa, pur di impedire che venisse acquisita dallo Stato. L’esposizione debitoria risulta ancora piu’ grave, se si considera che e’ stato riscontrato anche l’omesso accantonamento del Tfr spettante al personale dipendente, quantificato in circa un milione di euro. Sulla base del quadro probatorio, il Gip ha emesso, nei confronti dei due amministratori, un decreto di sequestro preventivo, in esecuzione del quale i finanzieri di Scafati hanno cautelato un edificio di 15 vani ed un ampio opificio in uso all’azienda, un’autorimessa e 3 appartamenti, per il valore complessivo di circa 800mila euro, garantendo in questo modo il ristoro dei crediti dell’Erario. Se le accuse saranno confermate, responsabili rischiano una condanna fino a dieci anni di reclusione.
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