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I carabinieri di Serra Riccò scoprono una centrale in Campania e finti broker che hanno derubato decine di persone in città.
Il broker che proponeva contratti assicurativi a prezzi vantaggiosi per auto e moto in tutta la Valpolocevera altro non era che un truffatore senza scrupoli. Un membro di un’organizzazione criminale con base a Castel Volturno, comune della provincia di Caserta in Campania, capace di piazzare “centinaia di contratti in tutta la Liguria e in particolare a Genova”, scrivono i carabinieri in un report finito sulla scrivania dei pm della Procura della Repubblica.
Un sito Internet e pubblicità sul web dove venivano proposti i contratti Rca a prezzi inferiori del 50 per cento rispetto a quelli della concorrenza. E però era tutto un raggiro. Perché ai clienti che sottoscrivevano la polizza arrivavano sì dei contratti ma che risultavano poi essere falsi. Sia in caso di incidente che di controlli delle forze dell’ordine. “Perché quei mezzi di fatto non erano assicurati”, specifica un carabiniere che ha seguito il caso.
A finire nei guai oltre al broker della Valpolcevera – anche lui di origine campane e per qualche mese residente proprio a Genova per piazzare i contratti assicurativi e fare pubblicità al “gruppo” – sono state altre tre persone. Tutte residenti nella provincia di Caserta. Le indagini dei militari della stazione di Serra Riccò, diretti dal luogotenente Antonio Muscolino, sono scattate da un fatto anomalo.
E cioè da una serie di incidenti avvenuti tutti in Valpolcevera in cui era emerso come quasi tutti i conducenti dei mezzi non fossero di fatto assicurati. Gli stessi automobilisti, però, sentiti dai militari avevano prodotto polizze e certificati di assicurazione dei veicoli. Aggiungendo di aver pagato regolarmente l’assicurazione. Solo a un’attenta analisi gli stessi, poi, si sono rivelati falsi.
I militari di Serra Riccò hanno interrogato tutte le persone che avevano sottoscritto la polizza assicurativa. Tra questi anche alcuni automobilisti che, fermati durante i controlli stradali, erano risultati guidare mezzi non assicurati. È emerso che tutti si erano collegati a un sito internet su indicazione del broker e lì avevano pagato la quota assicurativa attraverso un iban (il codice che identifica il conto corrente bancario).
“Ci sembrava fosse una garanzia di affidabilità”, hanno spiegato gli stessi. I carabinieri hanno avviato così accertamenti scoprendo che il codice in questione altro non era che una carta ricaricabile in cui confluivano gli incassi delle assicurazioni false. I militari hanno poi identificato prima il broker che aveva proposto le polizze e poi successivamente gli altri componenti dell’organizzazione. Devono rispondere tutti del reato di truffa aggravata.
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