Il provvedimento ablativo, che ha riguardato beni immobili tra i Comuni di Napoli, Melito di Napoli e Castel di Sangro (L’Aquila), è stato emesso dal Tribunale di Napoli – Sezione per l’Applicazione delle Misure di Prevenzione – su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia partenopea, ed è stato eseguito dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Napoli.
In particolare, gli specialisti del G.I.C.O. hanno sequestrato fabbricati e terreni dopo aver ricostruito come le risorse accumulate nel tempo dalla famiglia erano state favorite dal rapporto di parentela fra il Britti e il cognato Rosario Pariante, protagonista del c.d. “Cartello Scissionista” nel periodo di erosione della struttura organizzativa del clan Di Lauro.
Prima della contrapposizione armata tra i Di lauro e gli Scissionisti, Gaetano Britti, grazie al rapporto di “rispetto” con il cognato, aveva goduto di un canale privilegiato attraverso il quale gli venivano affidate ingenti somme di denaro di provenienza illecita derivanti dal traffico di sostanze stupefacenti e dalle estorsioni che, attraverso una propria struttura organizzata, “reinvestiva” in operazioni di usura, riciclaggio e reimpiego nell’Economia legale.
Le capacità manageriali del Britti nella gestione del vasto giro di usura sono state presto riconosciute, oltre che dal cognato Pariante Rosario, anche da altri sodali apicali del clan che gli avevano affidato le proprie risorse illecite per farle fruttare.
Le indagini di natura patrimoniale hanno sfruttato le evidenze investigative acquisite in precedenza dalle stesse Fiamme Gialle: l’appartenenza del Britti al sodalizio criminale, le dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia e infine la totale inconsistenza economica dei componenti del suo nucleo familiare, del tutto sprovvisto di fonti lecite di guadagno in grado di giustificare il valore economico del patrimonio.
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