La Giustizia inizia a infliggere i primi colpi al racket dei venditori abusivi di cocco. Il Tribunale di Rimini ha emesso le condanne nei confronti di alcuni membri della famiglia napoletana Manfredonia, saliti agli onori delle cronache nell’estate del 2010, quando la Polizia arresto’ alcuni elementi di spicco di una organizzazione criminale ramificata, nell’ambito di una operazione condotta dagli uomini della Questura di Forli’ e del Posto estivo di Polizia di Cesenatico, dai quali partirono le indagini.
Il Tribunale romagnolo ha condannato a cinque anni e mezzo di carcere Mariano Manfedonia e un altro componente del clan, Espedito Manfredonia, a tre anni e otto mesi. Associazione a delinquere, estorsione, minacce e violenze, sono i principali capi di accusa nei confronti di una organizzazione che voleva diventare padrona delle spiagge romagnole. Le manette per loro e altri membri della famiglia, scattarono nell’agosto 2010. I poliziotti di Cesenatico, guidati da Stefano Santandrea, alzarono il coperchio su una organizzazione che si stava impossessando del territorio con un sistema mafioso. La famiglia Manfredonia gestiva infatti decine di venditori abusivi che vendevano cocco in tutte le spiagge delle province di Forli’-Cesena, Rimini e Ravenna.
Era un’organizzazione impiantata per diventare una “macchina da soldi”, come venne definita dagli stessi investigatori, visto che ciascuno dei venditori abusivi in una estate si metteva in tasca 10mila euro e all’organizzazione ne faceva incassare piu’ di 30mila, per un volume complessivo stimato in diversi milioni di euro. I Manfredonia avevano iniziato ad imporsi con la violenza e persino gli operatori di spiaggia vennero minacciati direttamente e in pieno giorno.
Le indagini si estesero in tutta la Romagna e portarono al sequestro di due basi operative, una a Cervia e l’altra a Riccione, dove le noci di cocco venivano stoccate, tagliate e smistate, senza alcun permesso e soprattutto senza il rispetto delle piu’ elementari norme igieniche e sanitarie. Nel 2014 nove membri del clan partenopeo vennero rinviati a giudizio dal giudice di Rimini Fiorella Casadei e chiamati in tribunale a Rimini il 5 febbraio 2015. Del racket se ne occuparono anche “Le Iene”, con un giornalista che venne minacciato e picchiato durante un servizio.
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