Solo nell’area di pertinenza della Guardia di Finanza di Torre Annunziata, indagini coordinate dal procuratore Nunzio Fragliasso, si sono scoperti circa sessanta nuclei familiari di affiliati ai clan oplontini Gionta, Gallo-Cavalieri e Quarto Sistema, a Boscotrecase e Boscoreale ai Gallo-Limelli-Vangone e Pesacane, a Castellammare al clan Cesarano del rione Ponte Persica, a Torre del Greco dei Falanga-Papale-Di Gioia, a Santa Maria la Carità degli Esposito-D’Alessandro.
Il nome di spicco- come segnala Il Mattino- è sicuramente quello di Gennaro Longobardi, conosciuto come ‘Gennaro cu’a barba’, oggi detenuto al 41-bis e ritenuto tra i reggenti del clan Gionta. Sua moglie, nella compilazione dell’autocertificazione, ha omesso di indicare di essere la moglie di uno dei boss del Rione Carceri di Torre Annunziata.
Nello stesso clan milita anche Vincenzo Pisacane, detto ‘bombolone’, il cassiere dei ‘valentini’ che aveva accumulato diverse proprietà ed ha già subìto un sequestro di beni. Proprietario di diversi appartamenti a Montecatini, in Toscana con la moglie che però risulta indigente. Altro cassiere che ha subito un sequestro di beni è Giuseppe Ranieri: un anno fa gli fu confiscata la villetta a Boscotrecase e in quella sede gli investigatori scoprirono che la moglie di uno degli armieri dei Pesacane, usufruiva del reddito di cittadinanza.
Poi ci sono i boss emergenti definiti del ‘quarto sistema’ di Torre Annunziata, di cui uno aveva i requisiti Isee per ottenere il reddito di cittadinanza ma si tratta di Luca Cherillo, nipote di Natale Scarpa e boss dei Gallo-Cavalieri ucciso in un agguato dai Gionta, e arrestato nell’ultimo blitz che ha smantellato il nuovo clan creato al rione Penniniello.
Sempre a Torre Annunziata, indagata anche la moglie del super narcotrafficante ‘caramella’, all’anagrafe Vincenzo Scarpa, legato proprio ai Gallo.
A Torre del Greco invece, la moglie dello specchiettista condannato per l’omicidio di Gennaro Russo, il pregiudicato Ciro Giona, non aveva dichiarato i reati commessi dal coniuge legato ai Falanga-Di Gioia-Papale. Condannato come affiliato allo stesso clan anche Massimo Zaffo, nipote del boss Gaetano Di Gioia ‘o tappo: indagata sua moglie Antonietta Di Rosa, una delle signore dello spaccio di via Lamaria a Torre del Greco.
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A Castellammare, ancora, spunta il nome di uno degli esattori del clan Cesarano, che ha scontato una condanna definitiva per camorra. Si tratta di Francesco Inserra, nipote dell’ex reggente Antonio, soprannominato ‘Tonino o guerriero’. Aveva presentato la domanda per il reddito di cittadinanza in prima persona, ‘dimenticando’ la sua condanna definitiva a sette anni di carcere arrivata nel 2016 per il processo “Easymail”.
Nell’area stabiese c’è anche Ernesto Samà, ‘o tedesco, che si era affiliato al neonato clan Esposito fondato dal boss Tonino ‘o biondo che controllava droga ed estorsioni a Santa Maria la Carità per conto dei D’Alessandro: anche sua moglie aveva i requisiti giusti per il sussidio.
Infine ci sono gli affiliati. Nell’area Nord della provincia, sono coinvolti una quindicina di affiliati ai clan Mallardo, Mazzarella, Caiazzo-Simmino, Amato-Pagano, Crimaldi, Arlistico-Terracciano-Orefice e Panico-Perillo.
Cinque degli indagati sono solo a Pollena Trocchia ma il nome di spicco è quello Espedito Pepe, pluripregiudicato legato ai Mazzarella con precedenti anche per un omicidio colposo. Pepe è fra quelli che hanno ottenuto il reddito di cittadinanza presentando in prima persona la domanda.
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