Si è conclusa ieri notte la necroscopia della balenottera comune ritrovata morta a Sorrento una settimana fa, effettuata dagli esperti del CERT (Cetacean strandings Emergency Response Team), la squadra di medici veterinari guidati dal prof. Sandro Mazzariol dell’Università di Padova che fa fronte a emergenze legate a spiaggiamenti di cetacei: un lavoro di squadra durato oltre 10 ore che ha coinvolto diversi enti ed istituzioni locali e nazionali che si occupano di questi studi.
Con una lunghezza “standardizzata” di 19,77 metri, si conferma che si tratta della balenottera comune (Balenoptera physalus) più grande che sia mai stata misurata nel Mediterraneo, con ogni probabilità molto anziana, tanto che potrebbe aver sfiorato il secolo di vita.
L’animale recuperato non è lo stesso che era stato filmato mentre sbatteva con il rostro contro la banchina di cemento del porto di Marina Piccola di Sorrento, e che appariva molto più piccolo. Si era pensato che si potesse trattare del cucciolo, in difficoltà e disorientato, della grossa femmina ritrovata morta la mattina seguente dal nucleo sommozzatori della Guardia Costiera, sul fondale del porto.
Ma l’esame necroscopico di ieri, predisposto presso il cantiere navale di Napoli dopo che la Guardia Costiera – Direzione Marittima di Napoli era riuscita nell’impresa titanica di trainare fino a lì il cetaceo da Sorrento, ha smentito questa possibilità: la balenottera non aveva allattato recentemente e non è quindi la madre del piccolo.
Quanto alle cause della morte, hanno annunciato stamattina gli esperti del CERT, non sono state rinvenute lesioni macroscopiche che possano far pensare ad un particolare quadro patologico, a una collisione con un’imbarcazione, a una cattura accidentale in un attrezzo da pesca o all’ingestione di plastica, tra le cause più frequenti di mortalità dei grandi cetacei nei nostri mari. Segnalano solo una grave scoliosi con spondilartrosi e una fusione delle vertebre lombari, che può essere legata a un naturale processo degenerativo cronico legato all’età oppure a qualche fattore infettivo. Non è ancora certo se e come questo reperto possa essere legato al decesso dell’animale ma molto probabilmente ha creato dolore e problemi nel nuoto.
Risposte più precise ed altre scoperte potranno arrivare dai risultati delle diverse analisi di laboratorio nel corso delle prossime settimane. Tra le varie ipotesi si vaglierà anche la presenza del morbillivirus, che è spesso causa di morte nei cetacei, ed ha provocato, a periodi, vere e proprie epizoozie (epidemie) anche tra i delfini. È stato già riscontrato in altre 5 balenottere tra il 2011 e il 2013, e nella moria di capodogli nel 2019.
“La morte di due femmine più, forse, un piccolo, è una grave perdita del ‘cuore attivo’ della popolazione che si riproduce” concordano sia gli esperti del CERT che quelli dell’Istituto Tethys che si occupa di ricerca sui cetacei del Mediterraneo da oltre 30 anni.
Della gigantesca balenottera, ora in custodia al comune di Sorrento, verrà recuperato lo scheletro a fini museali ed educativi. È l’obiettivo dell’Area Marina Protetta di Punta Campanella che, insieme al Comune di Sorrento e a Marevivo, proprio in queste ore sta cercando la soluzione migliore. “Sarebbe molto importante riuscire a musealizzare questo magnifico e sfortunato esemplare – spiega Lucio Cacace, Presidente AMP Punta Campanella – poiché c’è un legame identitario tra questa terra e le balene. Vogliamo che la triste storia di questo meraviglioso animale sia da stimolo per una sempre maggiore attenzione nei confronti del mare e dei suoi abitanti.”
La balenottera di Sorrento entra in ogni caso a pieno titolo come record nel database ufficiale degli spiaggiamenti nei mari italiani (che fa capo a Museo di Storia Naturale di Milano, Centro interdisciplinare di Bioacustica e Ricerche Ambientali dell’Università di Pavia, e al Ministero dell’Ambiente e delle tutela del Territorio e del Mare). Varrà la misura “standardizzata”, sempre leggermente inferiore alle prime stime in quanto non considera l’ultimo pezzo di coda.
Rimane il mistero del destino della balenottera più piccola, che non è stata rinvenuta sul fondale nonostante gli sforzi di ricerca della Guardia Costiera. “I cetacei sono mammiferi e se si trattasse di un piccolo sotto i sei mesi che veniva ancora allattato, dicono i ricercatori dell’Istituto Tethys, purtroppo non può sopravvivere da solo. La speranza è che fosse già svezzato e sia riuscito ad allontanarsi, oppure abbia ritrovato la madre.”
“I nostri mari ospitano una piccola popolazione mediterranea, geneticamente diversa dalle balenottere che provengono dell’Atlantico; con i tempi di riproduzione molto lenti dei cetacei, ogni individuo è prezioso” sottolineano ancora i ricercatori dell’Istituto Tethys. Si ringrazia la rete di partner del progetto Life DELFI che ha ha sostenuto la comunicazione e logistica di questo evento e supportato l’attivazione della rete di intervento con l’obiettivo di monitorare e trovare soluzioni per limitare le interazioni tra cetacei e attività di pesca.
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