“La mia vita e’ finita, 30 anni di carcere, non ce la faccio…”. E’ durata 24 minuti la trattativa tra il tenente colonnello Salvatore Sferlazza e il ricercato Francesco Cirillo, ritenuto affiliato al clan dei Casalesi e condannato – in via definitiva – a 30 anni di reclusione per l’omicidio dell’imprenditore Domenico Noviello, che si era ribellato alla camorra. L’ufficiale, affacciato al balcone, dopo avere chiesto ai colleghi di allontanarsi, ha cercato in tutti i modi, riuscendoci, a rassicurare Cirillo, che per sfuggire alle manette si era rifugiato sul tetto dell’abitazione tra Acerra e Caivano, nel Napoletano, dove e’ stato scovato dai militari dell’arma e dagli agenti della Polizia di Stato di Caserta.
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Gli investigatori non escludono che Cirillo stesse per scappare all’estero: in casa e’ stata trovata una carta d’identita’ valida per l’espatrio (adesso gli viene contestato anche questo reato) e ben quattro cellulari. Non si esclude che la destinazione potesse essere la Spagna. Le indagini proseguono, per identificare e valutare eventuali responsabilita’ in relazione al reato di favoreggiamento.
All’indomani dell’arresto del latitante del clan dei Casalesi Francesco Cirillo, accusato di aver preso parte al commando armato che il 16 maggio del 2008 ha ucciso l’imprenditore antiracket di Castel Volturno Domenico Noviello, il figlio Massimiliano (che come spiegato dal Comitato Don Diana sui social vive ancora sotto scorta) ha ringraziato le forze dell’ordine. Questa mattina sul suo profilo Facebook ha postato un articolo sull’arresto di Cirillo, commentando con un semplice ma intenso ‘Grazie’. La notizia della latitanza, ad inizio mese, aveva destato scalpore e preoccupazione. Negli anni, i figli, hanno preso più volte parte ai processi scaturiti dall’omicidio. “Ho potuto conoscere i figli di Domenico Noviello, mi hanno immediatamente fatto un’impressione notevole, perché hanno dimostrato di credere nello Stato quando altri avrebbero semplicemente mollato, abbandonandosi alla rassegnazione. A loro un abbraccio forte a seguito della cattura di uno degli assassini del papà. Non gli restituirà il padre, ma un minimo di fiducia nello Stato forse”, ha scritto sui suoi profili social Nicola Morra, presidente della commissione parlamentare Antimafia.
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