Il Covid-19 non causa ovunque la stessa mortalità, ma si manifesta con estrema variabilità nelle Regioni italiane, andando da un massimo del 5,4% dei positivi in Lombardia a un minimo dell’1,3% in Campania, con una media del 3,5% a livello nazionale. Soffermando l’attenzione sul periodo ottobre-dicembre, in particolare sui dati dal 12 ottobre al 6 dicembre, si evidenzia che i livelli di mortalità per Covid-19 nelle Regioni italiane variano sensibilmente, a parità di prevalenza dei nuovi contagi e indipendentemente dalla struttura per età della popolazione residente.
È quanto emerge dall’analisi sui dati attualmente disponibile relativi agli ultimi 2 mesi in Italia e quelli registrati dall’inizio della crisi sanitaria in Europa elaborata dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane dell’Università Cattolica, campus di Roma. Le analisi confermano quanto già emerso dai dati sin dall’inizio dell’emergenza Covid-19, cioè che la pandemia ha avuto intensità e letalità diverse sia in Italia sia in Europa.
Tali evidenze dovranno essere analizzate e comprese dalla scienza medica e dagli esperti di organizzazione dei Sistemi Sanitari, poiché le differenze riscontrate non sono attribuibili solo alla fragilità della popolazione anziana, quella più colpita dal virus. Difficile stabilire i motivi per le differenze regionali ed europee, che andrebbero ricercate tra un ventaglio molto ampio di fattori: carenze organizzative, ritardi iniziali nel comprendere la gravità dell’emergenza, deficit nei sistemi di tracciamento dei contagi, diversi livelli di aggressività del virus, comportamenti individuali e scelte dei Governi centrali e locali.
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Un’altra possibile pista interpretativa è che alcuni territori sono interessati da un livello elevato di mobilità, si tratta di luoghi in cui si svolgono la maggior parte delle proprie relazioni sociali ed economiche. Queste aree, con molta probabilità, sono state sottoposte a un rischio maggiore di contagio, la Lombardia, per esempio, è la Regione con la più alta intensità degli spostamenti e dove si è registrato un numero elevatissimo di contagi.
L’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane ha analizzato i dati relativi agli ultimi 2 mesi in Italia e quelli registrati dall’inizio della crisi sanitaria in Europa. Le analisi confermano quanto già emerso dai dati sin dall’inizio dell’emergenza Covid-19, cioè che la pandemia ha avuto intensità e letalità diverse sia in Italia sia in Europa. Tali evidenze dovranno essere analizzate e comprese dalla scienza medica e dagli esperti di organizzazione dei Sistemi Sanitari, poiché le differenze riscontrate non sono attribuibili solo alla fragilità della popolazione anziana, quella più colpita dal covid. Dall’inizio della pandemia al 14 dicembre nel nostro Paese si sono registrati 65.011 decessi, dei quali il 36,7% avvenuti in Lombardia, l’11,0% in Piemonte e il 10,2% in Emilia-Romagna.
Il rapporto tra decessi e contagi (letalità), si attesta al 3,5% a livello nazionale, la Lombardia sperimenta il valore più elevato, il 5,4%, la Regione con quello più basso è la Campania con l’1,3%. Secondo i dati pubblicati dall’Istituto Superiore di Sanità, aggiornati al 2 dicembre, l’età media dei pazienti positivi deceduti per SARS-CoV-2 è 80 anni, l’età mediana sale a 82 anni. L’andamento dell’età media dei pazienti deceduti positivi a SARS-CoV-2, a partire dalla 3a settimana di febbraio 2020 è andata sostanzialmente aumentando fino agli 85 anni (1a settimana di luglio) per poi calare leggermente sotto gli 80 anni a partire da settembre.
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La prima fase della pandemia da covid ha interessato sostanzialmente solo una parte del nostro Paese, il Centro-Nord, mentre nel resto dello stivale i contagi sono stati molto limitati. La seconda fase, invece, a causa degli spostamenti legati alle vacanze estive, si è sviluppata su tutto il territorio, continuando però a evidenziare significative differenze tra Regioni, soprattutto rispetto al numero di decessi per Covid-19.
“L’allentamento dell’attenzione ha favorito i contagi del covid nel periodo estivo, soprattutto tra i giovani e questo ha rinfocolato e, probabilmente, anticipato la seconda fase della pandemia – afferma Walter Ricciardi, professore ordinario di Igiene generale e applicata all’Università Cattolica e direttore dell’Osservatorio – . Si è trattato di un errore – prosegue Ricciardi – che ha coinvolto nella pandemia anche le Regioni del Sud Italia, già in difficoltà con i loro Sistemi Sanitari e che nella prima fase erano state solo sfiorate dall’emergenza sanitaria. La riapertura delle scuole, ancorché doverosa, e l’allentamento delle restrizioni alla circolazione hanno amplificato la diffusione dei contagi”. Soffermando l’attenzione sul periodo ottobre-dicembre, in particolare sui dati dal 12 ottobre al 6 dicembre, si evidenzia che i livelli di mortalità per Covid-19 nelle Regioni variano sensibilmente, a parità di prevalenza dei nuovi contagi e indipendentemente dalla struttura per età della popolazione residente.
La riflessione che segue si fonda sull’andamento dei decessi, registrati nell’arco di 2 settimane, in relazione ai contagi nelle 2 settimane precedenti, questo per tener presente lo sfasamento temporale tra la diagnosi e il decesso. Confrontando il periodo dal 23 novembre al 6 dicembre con quello dal 26 ottobre all’8 novembre, si può osservare un sensibile aumento della variabilità dell’incidenza dei decessi e dei contagi tra le Regioni con il livello più alto dei contagi. La Valle d’Aosta è la Regione con il tasso di decessi Covid-19 più alto in assoluto: 3,11 ogni 10.000 abitanti, a fronte di un tasso di nuovi contagi pari a 150,4 per 10.000 abitanti. Il dato sui decessi è particolarmente elevato se lo si confronta con quello della PA di Bolzano la quale per un numero analogo di contagi, 151,7 per 10.000 abitanti, ha una incidenza di decessi pari all’1,94 ogni 10.000 abitanti. L’elevato livello della mortalità si registra anche in Friuli Venezia Giulia dove, a fronte di una incidenza dell’82,0 ogni 10.000 abitanti, si osserva un tasso di decessi pari a 2,82 per 10.000.
Anche in questo caso, si tratta di un rapporto tra decessi e numero di contagi elevato se confrontato con quello del Veneto, 88,5 contagi ogni 10.000 abitanti e 1,87 decessi per 10.000 abitanti, e con quello della Toscana, 85,3 contagi e 1,51 decessi ogni 10.000 abitanti.Durante il periodo considerato, Calabria (33,41 contagi e 0,47 decessi per 10.000 abitanti), Marche (51,4 e 0,86), Lazio (62,78 e 0,95) e Umbria (77,59 e 1,25) sono le Regioni che hanno il rapporto più basso tra decessi e contagi, a queste si aggiunge la Campania (85,3 contagi e 1,1 decessi per 10.000 abitanti) che occupa il quadrante in basso a sinistra, quello con il livello di contagi più elevato della media nazionale.
“La variabilità osservata nel nostro Paese si riscontra anche tra i Paesi europei”, commenta Alessandro Solipaca, direttore scientifico dell’Osservatorio, che auspica “riflessioni attente sull’esperienza che si sta maturando in tutto il mondo, così da evitare errori e prevenire altre eventuali emergenze sanitarie future. Si dovrà stabilire – prosegue Solipaca – quali dei seguenti fattori hanno condizionato gli effetti e la dinamica della pandemia sulla popolazione: aggressività del virus, performance dei Sistemi Sanitari o dati incompleti a causa del sistema di tracciamento”. “Per far questo è necessario implementare sistemi di sorveglianza più efficaci di quello attualmente presente in Italia e nel resto dei Paesi europei, una parte della variabilità osservata nei dati è sicuramente dovuta all’imprecisione con cui vengono registrati i casi di contagio e il loro tracciamento”, conclude Solipaca.
Il numero più elevato di contagi in rapporto a 10.000 residenti si registra in Lussemburgo (626,8), seguito dalla Repubblica Cecoslovacca (522,9) e Belgio (519,0). I meno colpiti dalla pandemia sono la Finlandia (51,2), la Grecia (110,1) e la Lettonia (115,1). La mortalità più alta si riscontra in Belgio (15,3), Italia (10,15) e Spagna (9,9), mentre Finlandia (0,8), Cipro (0,8) ed Estonia (1,0) sono i Paesi meno colpiti. Ponendo l’attenzione sul rapporto tra decessi e contagiati (letalità), anche le analisi a livello europeo registrano una elevata variabilità, il confronto con la popolazione anziana (ultra 65 anni) evidenzia una correlazione non significativa, in altre parole l’eccesso di mortalità dei contagiati non dipende, o dipende in minima parte, dalla struttura anziana della popolazione. Anche in Europa, analizzando la letalità del covid registrata nei singoli Paesi in relazione alla percentuale di anziani, si possono osservare differenze significative. Ad esempio, nella fascia con la quota di anziani più elevata, la letalità varia da 1,3 della Lettonia a 3,1 per 10.000 abitanti della Bulgaria; nei Paesi con la più bassa percentuale di anziani, la letalità varia da 0,5 registrata a Cipro a 3,5 per 10.000 abitanti rilevata in Gran Bretagna. L’Italia, come abbiamo visto, ha una elevata letalità, a fronte di un tasso di contagi che ci colloca nella fascia centrale della graduatoria europea.
Dai dati sappiamo che i decessi da covid sono avvenuti soprattutto tra gli anziani e il nostro Paese, a livello europeo, è primo per quota di anziani, ma, per quanto appena riferito, questo spiega solo in parte tale mortalità. Come appena anticipato, la situazione peggiore si riscontra in Gran Bretagna, il Paese con la letalità più elevata, nonostante abbia una popolazione relativamente giovane rispetto a molti altri Stati europei. Anche l’Irlanda evidenzia una letalità elevata in rapporto alla quota di anziani. In generale, dal Grafico 2 si evidenziano situazioni molto differenziati rispetto alla letalità a parità di quota di popolazione anziana per le quali andrebbero capite le ragioni.
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