Le indagini della Procura hanno imboccato una pista grazie a un tatuaggio a forma di ancora, con il nome di una città albanese che potrebbe essere uno degli elementi utili per risolvere il giallo dei due corpi fatti a pezzi, un uomo e una donna di età matura, e ritrovati in tre valigie in un campo a ridosso della recinzione perimetrale posteriore del carcere fiorentino di Sollicciano.
I carabinieri del reparto operativo e del nucleo investigativo di Firenze, coordinati dalla sostituti procuratore Ornella Galeotti, sono impegnati a dare un nome alle vittime e proprio il tatuaggio rinvenuto su un avambraccio dell’uomo potrebbe essere la chiave decisive per cercare di chiarire il duplice macabro ritrovamento. Gli gli investigatori hanno incrociato questa informazione con quelle contenute nei fascicoli delle persone scomparse.
E una pista imboccata conduce poco lontano dal punto in cui sono stati rinvenuti i resti dell’uomo e della donna. All’inizio del novembre del 2015, da Scandicci sparì nel nulla una coppia di albanesi, marito e moglie, giunti in Italia da meno di un mese: Shpetim e Teuta Pasho, 54 e 52 anni. Il 2 novembre 2015 la figlia ricevette una telefonata da un numero anonimo in cui la madre le diceva di non voler rispondere a nessuno. Da allora, nessuna notizia.
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Fu la figlia Dorina a dare l’allarme sulla loro scomparsa: chiamò la trasmissione “Chi l’ha visto?” di Rai 3 e sui social pubblicò la foto della madre e del padre per cercare aiuto e ritrovarli. Ora il ritrovamento dei due corpi, vittime di un brutale omicidio e di un macabro spezzettamento dei cadaveri, fa pensare che si tratti proprio dei coniugi Pasho. Un altro particolare che non sembra sfuggito agli investigatori riguarda il figlio della coppia: all’epoca della loro scomparsa era detenuto proprio nel carcere di Sollicciano per reati di droga. Shpetim e Teuta Pasho vivevano in Albania e venivano periodicamente in Toscana, dove vivevano i loro figli.
Il 4 ottobre 2015 arrivarono in Italia dove trascorsero un mese. Dal 2 novembre 2025, quando la figlia ricevette la telefonata da un numero anonimo in cui la madre le diceva di non voler rispondere a nessuno, nessuna notizia. I due coniugi avevano anche parlato di andare in Germania ma i riscontri non hanno mai dato esito. I resti umani, secondo quanto si appreso, erano avvolti all’interno delle valigie con cellophane e nylon, tutti legati il nastro adesivo. Proseguono le ricerche per individuare anche una possibile quarta valigia con altri pezzi umani.
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