Al termine di un’indagine coordinata dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Benevento, i carabinieri della compagnia di Benevento e della stazione di Ponte hanno dato esecuzione a due ordinanze applicative della misura cautelare degli arresti domiciliari, disposte dal gip del tribunale di Benevento su richiesta della procura, nei confronti di due persone, padre e figlio, gravemente indiziate di aver commesso in concorso i reati di tentato omicidio e porto illegale in luogo pubblico di arma da fuoco.
L’attività investigativa è nata dalla denuncia della vittima, la quale, a poche ore dal fatto, avendo rinvenuto all’interno di uno degli schienali della sua autovettura un proiettile, ha riferito di essere stato inseguito da due uomini, da lui conosciuti per pregressi rapporti lavorativi, a bordo di una autovettura, e di aver visto in particolare uno di essi puntare e poi esplodere al suo indirizzo più colpi d’arma da fuoco.
Nell’immediatezza dei fatti, dopo aver assicurato le fonti di prova (mediante sequestro degli autoveicoli e dell’arma del delitto, perquisizione veicolare e domiciliare, effettuazione dei rilievi tecnici scientifici e prelievo di eventuali particelle di polvere da sparo, escussione di persone informate sui fatti, acquisizione delle richieste di intervento e dei tabulati relativi al traffico telefonico di utenze mobili), è stata disposta anche consulenza tecnica balistica, a seguito della quale è risultato che i due indagati, utilizzando un’arma legalmente detenuta, avevano esploso più colpi in direzione del corpo della vittima: uno di essi attingeva l’autovettura della persona offesa, forava il portellone del vano bagagli e fortunatamente si bloccava tra le lamiere della stessa a soli 13 cm di distanza dall’apice dello schienale, non fuoriuscendo soltanto grazie all’intelaiatura metallica a doppia camera della struttura dello schienale del sedile che fungeva da sbarramento.
l gip condivideva la provvisoria contestazione di tentato omicidio, atteso che la potenzialità dell’arma utilizzata, l’esplosione di più colpi all’indirizzo della vittima, il rinvenimento di una ogiva sullo schienale posteriore dell’autovettura ad altezza uomo e i vetri oscurati in dotazione all’autovettura della persona offesa costituivano allo stato elementi espressivi della volontà di uccidere da parte degli indagati.In tale contesto, infatti, si ritiene che conseguenze più gravi venivano scongiurate per pura casualità, presumibilmente in virtù della circostanza che gli indagati fossero a bordo di una autovettura in movimento, e che tale motivo può aver inciso sulla precisione della mira, comunque volontariamente diretta alla persona del conducente del mezzo che li precedeva.Il movente, non ricostruito compiutamente, atterrebbe a dissidi dovuti ad un precedente rapporto lavorativo della vittima alle dipendenze dei due uomini; in particolare uno di essi, qualche mese prima dei fatti, avrebbe accusato l’ex dipendente di alcuni danneggiamenti ed episodi incendiari che si erano verificati in azienda.
Articolo pubblicato il giorno 18 Dicembre 2020 - 14:12