“Resterà per sempre oggetto di un culto della personalità. Segno di un uomo che non ha mai cercato onori agli sforzi compiuti. Diego Armando Maradona non è stato solo il più forte calciatore di sempre. Maradona è stato il calcio”.
Scrive Luigi Di Maio su Leggo. “Alla notizia della sua morte sono ripiombato nella mia infanzia”, “dopo i festeggiamenti per il secondo scudetto del Napoli avevo quattro anni”, ricorda il ministro degli Esteri. “Un personaggio dal sapore fiabesco, che ha saputo tramutare il calcio in arte e rendere lo sport cultura popolare. Crescendo i miei primi ricordi sono diventati una sorta di antologia da custodire gelosamente e da inquadrare nella consapevolezza che l’anima di Maradona e il cuore di Napoli sarebbero rimasti legati visceralmente nella storia”. “In ogni angolo di Napoli si respira la devozione per Diego. Insieme abbiamo raggiunto trionfi con un’euforia travolgente. Ma soprattutto, con dignità. La stessa dignità che Maradona avrebbe voluto regalare agli ultimi. Quella tra noi e Diego è stata una meravigliosa storia di passione, di cui oggi vale la pena raccontare colori, odori, immagini. Come vengono. Come arrivano. Di colpo. Con la stessa sfrontatezza a cui ci aveva abituato el Pibe de oro”.
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