“Da oltre tre mesi i lavoratori assunti dalla Regione Campania attraverso il concorsone, dislocati in formazione nei vari Enti, attendono il primo stipendio. Non era difficile prevedere l’esito del concorsone nella Pubblica Amministrazione decretato dalla giunta regionale uscente, nei mesi subito precedenti alle elezioni. Dopo tre mesi di tirocini presso istituzioni pubbliche, ad oggi, gli idonei fin qui selezionati non hanno ricevuto un solo Euro dei compensi promessi dalla Regione Campania. Ciò che si è determinata è l’ennesima sacca di precariato regionale, costituita prevalentemente da giovani che, soprattutto in questo particolare periodo storico, sono costretti a lavorare gratis da tre mesi senza retribuzione presso decine di amministrazioni locali. Persone già deluse per le lungaggini ingiustificate per le correzioni delle prove, ora dovranno attendere chissà quanti mesi ancora per vedersi materializzato il loro primo stipendio”. Lo denunciano i Consiglieri regionali del Movimento 5 stelle Michele Cammarano e Gennaro Saiello attraverso un’interrogazione a risposta scritta indirizzata al Presidente della Giunta regionale.
“Il concorsone nasceva dalla necessità di arginare la deriva della scarsa occupazione, che registra nel Mezzogiorno livelli bassissimi e per la quale siamo costretti ad assistere all’emigrazione intellettuale dei nostri giovani, perdendo i nostri talenti. Se la volontà iniziale era rendere attrattiva la nostra Regione e creare nuove opportunità di futuro, allo stato attuale sembra connotarsi come l’ennesima creazione di precariato sociale”. “Parliamo inoltre di risorse comunitarie del Fondo Sociale Europeo, ovvero di soldi stanziati dall’Unione Europea affinché le regioni determinino eque opportunità lavorative per tutti i cittadini. Quindi oltre ai forti dubbi sul corretto utilizzo delle risorse comunitarie, di fatto destinate a dei semplici tirocini a tempo, anche la beffa dei mancati pagamenti. Vogliamo ricordare che alcuni di questi dipendenti hanno rinunciato al proprio lavoro remunerato nella speranza di poter lavorare nella Pubblica Amministrazione ed ora vivono in bilico, con condizioni di vita precarie”.
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