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Le donne di Chikù a Scampia scrivono a Mattarella: ‘Non lasciateci morire’

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Le donne di Chikù a Scampia scrivono a Mattarella: ‘Non lasciateci morire’.

In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne Le donne del Centro gastronomico e culturale Chikù scrivono una lettera aperta rivolgendosi al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Emilia, Rosa, Rosaria e Samantha e tante altre, da dieci anni sono protagoniste dell’impresa sociale La Kumpania nata nel quartiere Scampia da un progetto dell’ass. chi rom e…chi no sostenuto tra le altre da Fondazione Con il Sud, Fondazione Vismara e Unicredit Foundation.
Sono donne del quartiere, napoletane e della comunità rom, che al Chikù hanno avuto un’opportunità’ di emancipazione e di riscatto sociale e umano. Sono parte fondante della prima impresa sociale nata tra donne rom e non sul tema della gastronomia multiculturale.
Ecco il testo della lettera diffuso da Chi rom..e chi no, Chikù e La Kumpania.
“Mi chiamo Emilia, sono una donna di Scampia, alla quale è stato fatto vivere un sogno. Ho deciso di scrivere questa lettera, anche a nome delle mie compagne d’avventura: Rosa, Rosaria, Samantha e la altre, le cuoche, le operatrici di sala de La Kumpania e di Chikù a Scampia, che fino a prima di questo maledetto virus, cercavano con sacrificio di proseguire il sogno che, grazie a chi ha creduto in noi e agli sforzi fatti tutti insieme, stavamo vivendo. Purtroppo, questo sogno sta andando in frantumi e non so se si può immaginare cosa significa per noi.
Prima di iniziare questa splendida avventura, io come le altre eravamo “semplici” casalinghe – come piace definirmi “casalinghe disperate”; poi è iniziato il nostro cammino di conoscenza, e neanche sapevamo fino a dove ci avrebbe portato. Invece con nostro grande stupore, questo cammino ci ha dato più di qualcosa: dignità, indipendenza, consapevolezza. Personalmente mi ha fatto sentire viva, perché oltre a un piccolo aiuto economico che sono riuscita a portare in famiglia, mi ha fatto provare quell’adrenalina, che ti scuote dentro e ti fa pensare: io sono capace, posso essere oltre che una mamma, una donna che lavora.
Ora, purtroppo, vedo questo sogno svanire, e mi sento inerme, sento essere tornata a prima che tutto avesse inizio, e che ormai mi sta stretto il ruolo solo di casalinga e mamma; cucinare per chi non conosci, mi fa sentire apprezzata, utile, mi emoziona.
Qualcuno si può domandare: e perché se a causa di questo periodo nero, il nostro ristorante non si riprende, non cerco altrove? Semplice, ma chi prende a lavorare una donna di 45 anni? E poi, cosa ancora più importante, con tutte le mie compagne ci abbiamo creduto con tutte le nostre forze in questo progetto di fusione di cultura, di indipendenza e di crescita professionale, questo posto, Chikù, per noi è casa.

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Sei anni fa lo abbiamo inaugurato con le autorità cittadine, le fondazioni private, varie personalità pubbliche, e siamo diventate un vero e proprio caso mediatico: uno spazio al femminile in una delle periferie più povere d’Italia che prova a generare economia, lavoro e percorsi di liberazione.
La Kumpania invece compie dieci anni, prima impresa sociale in Italia che mette insieme donne rom e italiane, un vero e proprio simbolo, che prima ancora che esistesse Chikù aveva portato in giro per l’Italia i suoi catering e la sua storia unica.
Oggi siamo in cassa integrazione e non sappiamo se riusciremo a riprenderci dopo le due fasi tremende della pandemia. È stato un percorso molto difficile e pieno di sfide che negli anni abbiamo portato avanti con tenacia, creatività, conflitti e gioie.
Quest’ultima sfida ci sembra che si possa superare solo con uno sforzo superiore e congiunto e per questo, a nome di tutte, richiamo l’attenzione di tutte e tutti.
Non so cosa mi aspetto da questa lettera aperta, ma spero che qualcuno creda ancora una volta in noi e che così possa continuare il nostro sogno, possiamo riaccendere i fornelli e farvi gustare i nostri piatti”.


Articolo pubblicato il giorno 24 Novembre 2020 - 11:45

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