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L’allarme del sindacato su contagi e stress tra gli infermieri: due nuovi decessi in Campania, uno si toglie la vita a Salerno

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Coronavirus, muoiono altri due infermieri in Campania e il sindacato Nursing Up lancia l’allarme sulle condizioni di lavoro e lo stress in periodo di pandemia.

Sono 47 gli infermieri morti dall’inizio dell’emergenza coronavirus e anche se uno dei decessi avvenuti ieri è un suicidio, Antonio De Palma, presidente Nazionale, ritiene che sia legato alla paura, allo stress, al terrore e ai turni massacranti che in questo periodo vengono sopportati dal personale infermeristico.

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«La Campania, straordinaria terra di infermieri valenti e coraggiosi, nel pieno di un dramma-contagi condito da una disorganizzazione sanitaria agghiacciante, piange nelle ultime ore il decesso di ben due colleghi. E noi, come sindacato, come soggetto da sempre vicino alle esigenze prima di tutto umane e poi professionali dei “soldati delle corsie”, non possiamo non vivere il dolore, la tragedia, di perdite che di questo passo, se non ci saranno interventi radicali per arginare l’emergenza, saremo costretti, nostro malgrado, a dover continuare a raccontare».

Ha detto Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Sindacato Nursing Up, in una nota stampa in cui porta a conoscenza degli organi di informazione della morte di un uomo e una donna, entrambi infermieri, entrambi campani, una avvenuta in provincia di Salerno, l’altra nel casertano, a distanza di poche ore l’una dall’altra.

«Se da un lato ci turba, ci sconvolge profondamente, dover prendere atto del decesso di una nostra valente collega, una coraggiosa donna di 57 anni dell’Asl di Caserta che ha sempre dedicato il suo lavoro ai pazienti e alla famiglia, dall’altro rimaniamo sgomenti rispetto a quanto è accaduto in provincia di Salerno.

Qui un uomo, un infermiere come noi, di soli 48 anni, non ce l’ha fatta, non ha retto, e si è tolto la vita con il peggiore dei gesti estremi, lanciandosi dal balcone della sua abitazione.

Ci dicono che lavorava al San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona: da qualche giorno non riusciva a rassegnarsi al riacutizzarsi del covid. La depressione per l’isolamento domiciliare, la paura, il terrore di continuare a soffrire, di non uscire dal tunnel, lo hanno messo in ginocchio.

Siamo di fronte all’ennesimo caso in cui ad uccidere non è il contagio ma le conseguenze psicologiche di turni massacranti, di stress e traumi sino al burn out, difficili da superare quando ogni giorno si guarda in faccia un nemico agguerrito e subdolo, che nei suo occhi porta il peggiore dei riflessi : “la morte”.

E’ questo il momento in cui i politici do turno, i datori di lavoro, amaramente silenziosi e indifferenti di fronte alle nostre sofferenze, si interroghino una volta per tutte sulle proprie pesanti responsabilità.

Perché quando il cervello non ce la fa più, quando la mente arriva a concepire certi gesti insani, ci si trova di fronte a malattie mentali come la sindrome di burnout, che nasce come conseguenza di un profondo e lacerante esaurimento emotivo.

Da tempo invochiamo interventi mirati. Da tempo chiediamo alle regioni di assumersi le responsabilità della cura e del recupero degli infermieri che hanno vissuto e vivono il dramma sulla loro pelle. Risposte idonee non ne arrivano pero’, e resta quel silenzio assoluto che ci lascia intendere, più che mai, che siamo soli, sempre più soli, e costretti a combattere a mani nude e disarmati. Siamo stanchi! Siamo arrabbiati! E ci rifiutiamo di accettare il perdurare di queste condizioni. Nei prossimi giorni prepareremo un allarmante report sui contagi degli infermieri italiani nella seconda ondata del Covid. Metteremo a nudo la peggiore delle verità lanciando anche una proiezione che, nella lapidarieta’ dei suoi dati, si preannuncia agghiacciante».


Articolo pubblicato il giorno 14 Novembre 2020 - 10:46

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