Input istantanei, pensieri e flashback come scariche di un elettroshock emotivo che conduce al sogno, o forse all’incubo. Racconti e concetti che si dilatano e contraggono, in una overdose di esperienze immediate. Dedite alla vita breve, che fioriscono e muoiono nel medesimo istante. Espressioni dadaistiche per voltare le spalle all’oscura complessità della realtà, per depredare attenzione dal lettore assuefatto dalle narcotizzazioni di massa. In un turbolento, onirico universo, astratto felliniano pieno di inquietudine e dannazione. Intorno a queste nebulose introspettive, la periferia napoletana e casertana post globale della Terra dei Fuochi. La scatola nera della modernità, dove sono più evidenti le secrezioni tossiche e disumanizzanti di un sistema iniquo, in certi casi irreale, al limite della degenerazione antropologica. La terra che diventa veleno, il rinnegare l’identità ancestrale dei nostri avi, il fuoco che consuma tutto ciò che il mondo ricco non vuole più, generando morte. Palazzoni dormitorio, piloni stradali, campi rom, discariche, centri commerciali. Emigrazione, omologazione, abbandono sociale. Spirito di sopravvivenza e spregiudicata creatività endemica. Dentro questi contenitori, che spesso diventano contenuti, contraddizioni isteriche al limite della schizofrenia intellettuale. Il tempo, è quello della pandemia globale, dell’apoteosi del mondo senza confini, del mondialismo senza compromessi, oppure del suo definitivo tracollo, in un crepuscolare, quanto incerto, cammino dell’umanità verso il Caos preinstallato.
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Prefazione
Una prima raccolta di pamphlet istantanei, dediti alla decomposizione cognitiva di tutte le piccole certezze somministrate dall’alto, quotidianamente digerite. La crisi della post modernità, vista dall’angolo più infernale che si possa immaginare. Dal caos apocalittico ed antropologico, delle sue periferie. Uno sguardo solitario ed introspettivo, una solitudine onirica e silenziosa, fatta di demoni e ribellioni conflittuali. L’ambientazione a volte cupa, a tratti surrealista, tende a ricalcare il distacco dalle masse, oramai il contenitore più polarizzato e reazionario, avanguardia dei poteri precostituiti, utilizzate da questi ultimi nell’opera di indottrinamento e di controllo sociale. Il luogo non luogo, sono le periferie del sud, il tempo è quello dell’epidemia globale. Scarni dialoghi, solo visioni e paesaggi avvelenati post bellici. In lontananza, affollati centri commerciali, con le file di auto rumorose e compulsive, implotonate dal Mercato. Intorno i miasmi delle campagne stuprate, ridotte a spettri stracolmi di veleni e morte. Nella penombra, questa anima sofferente che racconta. Un rinchiudersi nel proprio io come giusta resistenza a non voler condividere abitudini ed usi raccapriccianti delle folle, dominate da squallidi bisogni indotti. Svestendosi dall’etichetta di solitari, ma che il potere ha relegato, volutamente, queste anime all’oblio. All’eremo. Una resistenza, al confino. Delle nostre coscienze.
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