La federcalcio ha appena ufficializzato la notizia anticipata dall’ANSA con il ricorso del Napoli respinto. Il giudice sportivo aveva punito il club di De Laurentiis con la sconfitta a tavolino (3-0) e un punto di penalizzazione in classifica per non essersi presentato allo Juventus Stadium per la gara in programma lo scorso 4 ottobre. Nelle motivazioni la Corte ribandendo che “il fine ultimo dell’ordinamento sportivo e’ quello di valorizzare il merito sportivo, la lealta’, la probita’ e il sano agonismo” sottolinea che “tale principio non risulta essere stato rispettato, nel caso di specie, dalla Societa’ ricorrente, il cui comportamento nei giorni antecedenti quello in cui era prevista la disputa dell’incontro di calcio Juventus-Napoli, risulta, teso a precostituirsi, per cosi’ dire, un ‘alibi’ per non giocare quella partita”.
Non è quindi passata la linea difensiva del club azzurra, del presidente Aurelio De Laurentiis e dell’avvocato Mattia Grassani, secondo cui il Napoli aveva fatto di tutto per recarsi a Torino a giocare la partita ma che alla fine si era dovuto fermare dinanzi allo stop dell’ASL del capoluogo campano. In primo grado il Giudice Sportivo aveva condannato il Napoli di fatto perchè già il sabato precedente la partita aveva disdetto l’aereo che avrebbe dovuto portare la squadra a Torino, prima dello stop ufficiale dell’ASL a ogni spostamento visto il rischio di contagio da Covid-19 dopo le positività di Zielinski ed Elmas. Nella sentenza, la Corte Sportiva nel ricordare un principio più volte affermato dal Collegio di Garanzia dello Sport del CONI, ovvero che “il fine ultimo dell’ordinamento sportivo è quello di valorizzare il merito sportivo, la lealtà, la probità e il sano agonismo” scrive che “tale principio non risulta essere stato rispettato, nel caso di specie, dalla Società ricorrente (il Napoli, ndr), il cui comportamento nei giorni antecedenti quello in cui era prevista la disputa dell’incontro di calcio Juventus-Napoli, risulta, per come si avrà modo di evidenziare più avanti, teso a precostituirsi, per così dire, un ‘alibi’ per non giocare quella partita”.- Sempre secondo la Corte, la mancata disputa dell’incontro non è “dipesa da una causa di forza maggiore, o addirittura dal c.d. ‘factum principis’, come invocato dalla Società S.S.C. Napoli S.p.A., bensì da una scelta volontaria, se non addirittura preordinata, della Società ricorrente”.
La condotta tenuta del Napoli nei giorni antecedenti la partita, per la Corte è stata tenuta “al precipuo scopo di non disputare il predetto incontro, o, comunque, di precostituirsi una scusa per non disputarlo. Ne è prova il contenuto della documentazione di causa, dettagliatamente esaminata dal Giudice Sportivo, ad iniziare dalla nota della ASL Napoli 1 in cui veniva spiegato, in maniera chiara e inequivocabile, che “la responsabilità nell’attuare i protocolli previsti dalla FIGC per il contenimento dell’epidemia da COVID- 19 è in capo alla Soc. Napoli e pertanto quest’Azienda non ha alcuna competenza”. Sempre per la Corte “la ragione per la quale una Società di calcio professionistico, ben consapevole del contenuto dei Protocolli federali in materia di gestione delle gare e degli allenamenti in tempo di COVID-19, per averli applicati più volte, debba chiedere lumi sulla loro applicazione alle Autorità sanitarie è difficile da comprendere e a tale condotta non può che attribuirsi altro significato che quello della volontà della Società ricorrente di preordinarsi una giustificazione per non disputare una gara che la Società ricorrente aveva già deciso di non giocare”.Per quanto riguarda le successive interlocuzioni intervenute tra la Società ricorrente e le due Aziende sanitarie della città partenopea, secondo la Corte “non emerge, in alcun modo, l’esistenza di un impedimento oggettivo per la Società ricorrente di disputare l’incontro di cui è procedimento. Ciò che emerge è, invece, la preordinata volontà della Società ricorrente di non disputare la gara desumibile da diversi indizi, soprattutto, l’annullamento della prenotazione dei tamponi che avrebbero dovuto effettuarsi, secondo le previsioni del Protocollo, nella giornata di svolgimento della gara”.
La Corte ricorda che “il soggetto che si sia posto, volontariamente e preordinatamente, nelle condizioni di non fare una cosa, non può, poi, invocare, a propria scusante, la sopravvenienza di una causa successiva, peraltro per nulla autonoma rispetto alla condotta posta in essere”. Secondo la Corte, pertanto, “il comportamento tenuto dalla Società ricorrente non risulta neanche rispettoso degli altri consociati dell’ordinamento sportivo, più precisamente delle altre Società di calcio professionistico di Serie A, che in situazioni del tutto analoghe a quella in cui si era venuta a trovare la Società S.S.C. Napoli S.p.A. nei giorni antecedenti l’incontro di calcio di cui è procedimento (ma, in alcuni casi, anche ben più critiche), hanno, regolarmente, disputato gli incontri che le vedevano impegnate”. Quindi il Napoli “merita di essere sanzionato” perchè “contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, non si è trovata affatto nella impossibilità oggettiva di disputare il predetto incontro, avendo, invece, indirizzato, in modo volontario e preordinato, la propria condotta nei giorni antecedenti all’incontro nel senso di non disputare lo stesso, con palese violazione dei fondamentali principi sui quali si basa l’ordinamento sportivo, ovvero la lealtà, la correttezza e la probità”.
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