La procura argentina ha aperto un’indagine per omicidio colposo e tra i principali indiziati vi e’ il medico 39enne che lo aveva operato un paio di settimane prima del decesso. “Volete sapere di cosa sono responsabile?”, ha chiesto Luque tra i singhiozzi. “Di averlo amato, di essermi preso cura di lui, di avergli allungato la vita, di averla migliorata fino in fondo”. Luque ha detto di aver fatto “tutto quello che poteva, fino all’impossibile” e si considerava un “amico” di Maradona e lo vedeva “come un padre, non come un paziente”. Il giovane chirurgo, titolare di una clinica a Buenos Aires, aveva pubblicato una sua foto con Maradona quando l’ex giocatore aveva lasciato l’ospedale il 12 novembre, otto giorni dopo l’intervento di rimozione di un edema al cervello.
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Maradona e’ tornato a casa a Tigre, a nord della capitale argentina, dove ha ricevuto cure mediche 24 ore su 24 e poteva rimanere vicino alle sue figlie. “Sarebbe dovuto andare in un centro di riabilitazione. Non voleva”, ha detto Luque che ha definito Maradona un paziente “ingestibile”. Luque ha poi spiegato di non sapere perche’ non ci fosse il defibrillatore da usare in caso di crisi cardiaca nella casa di Maradona e ha chiarito che l’assistenza domiciliare non era sua responsabilita’.
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“Sono un neurochirurgo”, ha sottolineato. “Sono la persona che si e’ presa cura di lui. Sono orgoglioso di tutto quello che ho fatto. Non ho nulla da nascondere. Sono a disposizione della giustizia”, ha insistito. L’avvocato di Maradona, Matias Morla, aveva chiesto un’indagine sulle affermazioni secondo cui le ambulanze hanno impiegato piu’ di mezz’ora per raggiungere la casa del mito del calcio in risposta a una chiamata di emergenza il giorno della sua morte. Luque ha affermato che un’ambulanza avrebbe dovuto essere parcheggiata li’ fuori. “Non so chi sia responsabile del fatto che non ci fosse un’ambulanza”, ha affermato.
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