La finanza, intesa sia come quella dei mercati tradizionali sia come quella afferente alla cosiddetta New Economy, non ha mai avuto colori politici. La sua attitudine apolitica e soprattutto apartitica è vista, da un lato, come un indice del proverbiale cinismo degli operatori del settore, almeno ai livelli più alti; e dall’altro come una garanzia per investitori, azionisti, potenziali acquirenti e operatori del settore. La non dipendenza dei mercati da uno specifico schieramento politico ha fatto in modo, da quando esiste la società capitalista, che quest’ultima potesse prosperare in qualsiasi contesto istituzionale e governativo. Ma ciò non significa che lo scenario politico, e i mutamenti che avvengono all’interno di esso, non influenzi lo scenario economico. Al contrario, a ogni variazione del primo corrisponde sempre un’analoga trasformazione di schemi e strategie del secondo.
Prendiamo ad esempio le elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Da sempre, queste ultime determinano una variazione di indirizzo economico di una molteplicità di mercati; la quale, a sua volta, ha delle ricadute di portata che possiamo tranquillamente stimare come globali. E questo sia in caso di conferma del presidente uscente, sia quando si verifica un avvicendamento. Nel caso delle presidenziali del 2020, poi, il cambiamento è ultra-radicale: non solo perché si passa da un partito all’altro, ma perché il cambio della guardia alla Casa Bianca (al netto delle improbabili ritorsioni giudiziarie di Trump) avviene dopo appena quattro anni. Era dai tempi di George Bush Sr. che un presidente degli Stati Uniti non veniva riconfermato per un secondo mandato: era il 1992, e l’esperto politico texano venne spazzato via dall’esuberanza del giovane democratico Bill Clinton. A tutto ciò dobbiamo aggiungere il clima di incertezza politica e sociale registrato negli Stati Uniti nel corso degli ultimi dodici mesi, complici i movimenti di piazza (in primis le proteste riunite sotto l’insegna Black Lives Matter) e la discutibile gestione della pandemia, che ha fatto dell’America il paese con più vittime da Covid-19. Un brodo primordiale che ha reso queste elezioni particolarmente attese dai mercati , desiderosi di conoscere gli indirizzi politici del nuovo governo, soprattutto per quanto riguarda la politica economica e i nuovi scenari di politica estera.
Da sempre, il Forex Trading è tra i rami della finanza 2.0 che risentono maggiormente dei sommovimenti della politica USA. Questo perché il dollaro americano è sempre stato oggetto di scambi frenetici sui mercati Forex. Basti pensare che ogni convertitore di valuta online che si rispetti deve avere il cambio con il dollaro da tutte le principali valute aggiornato praticamente in tempo reale, perché ogni minima oscillazione influenza in maniera significativa il mercato.
D’altronde, complice la sua lenta ma progressiva svalutazione degli ultimi 24 mesi (dunque si tratta di un fenomeno non del tutto imputabile alla pandemia), il dollaro è stato spesso oggetto di numerose speculazioni. La vittoria di Joe Biden, da questo punto di vista, dovrebbe garantire una maggiore stabilizzazione della moneta, che tornerebbe dunque a essere meno volatile sui mercati. È pertanto probabile che il 2021 veda il dollaro di nuovo al centro di febbrili contrattazioni, soprattutto nel cambio con alcune specifiche valute.
L’euro, ad esempio, dovrebbe essere la prima moneta a beneficiare del consolidamento delle quotazioni del dollaro, con una ripresa degli scambi che darà sicuramente nuovo nerbo all’intero mercato del Forex. E anche se le previsioni per il 2021 prevedono una moneta USA ancora generalmente debole, i pericoli di inflazione sono considerati marginali. Un discorso più o meno analogo può essere fatto nei confronti della sterlina inglese: d’altronde, a dispetto della Brexit, quest’ultima intrattiene da sempre un rapporto di stretta dipendenza con la moneta unica europea, soprattutto da quando molte grosse multinazionali hanno spostato i loro hub continentali da Londra ad altre capitali dell’UE, prevalentemente per motivi fiscali.
Rimangono ancora nebulose, invece, le prospettive del dollaro USA in relazione alle altre monete “forti” del Forex Trading, in particolare lo Yen giapponese, lo Yuan cinese e il dollaro australiano. Ovviamente, è la valuta cinese a destare le maggiori preoccupazioni, soprattutto in virtù del fatto che la presidenza Trump si è contraddistinta per una politica spesso ostile nei confronti del colosso asiatico, fra dazi commerciali e accuse legate allo scoppio della pandemia. Sarà in grado Biden di normalizzare dei rapporti che per quattro anni sono stati all’insegna dell’alta tensione? I primi mesi del 2021 saranno indicativi in tal senso, e orienteranno pesantemente l’andamento degli scambi degli anni a venire.
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