Il 16 novembre si sono aperte le celebrazioni per il decennale dell’iscrizione della Dieta Mediterranea nella Lista Unesco del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità.
Il riconoscimento fu attribuito durante la seduta del Comitato Mondiale Unesco a Nairobi in Kenya il 16 novembre 2010. Il 13 marzo 2010, a Chefchaouen (Marocco), i rappresentanti di Italia, Grecia, Marocco e Spagna sottoscrissero la Dichiarazione a sostegno della candidatura e il relativo accordo di collaborazione, poi dal 2013 allargato a Cipro, Croazia e Portogallo.
In quella circostanza, l’allora Sindaco di Pollica Angelo Vassallo, riuscì ad ottenere che come Comunità emblematica per l’Italia non si indicasse soltanto Pollica in provincia di Salerno, ma l’intero Cilento. Vassallo, che aveva creato il Museo Vivente della Dieta Mediterranea nello storico Palazzo Vinciprova di Pioppi per tramandare l’eredità lasciata da Ancel Keys, dalla moglie Margareth e dai loro colleghi e per promuovere uno stile di vita ispirato alla sana alimentazione, al rispetto dell’ambiente e della cultura locale, non fece in tempo a veder coronato il proprio tenace impegno per il conseguimento dell’importante risultato.
Il concetto di dieta mediterranea , introdotto e studiato inizialmente dal fisiologo statunitense Ancel Keys, il quale ne ha indagato gli effetti sull’incidenza epidemiologica di malattie cardiovascolari in una celebre ricerca su sette nazioni, il Seven Countries Study, è un modello nutrizionale ispirato agli esempi alimentari diffusi in alcuni Paesi del bacino mediterraneo che privilegia cereali integrali, frutta, verdura, semi, olio di oliva (grasso insaturo), rispetto ad un più raro uso di carni rosse e grassi animali (grassi saturi), un consumo moderato di pesce, carne bianca, legumi, uova, latticini, vino rosso, dolci. Inoltre, alcuni studi ampiamente accettati dalla comunità scientifica hanno provato che in queste aree geografiche l’aspettativa di vita è tra le più alte del mondo. Al contrario, l’incidenza di malattie come la cardiopatia ischemica, alcuni tumori e altre malattie croniche correlate alla dieta sono invece tra le più basse.
L’Unesco riconosceva il valore di pratiche stratificate nel tempo, trasmesse di generazione in generazione in molti dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo, sottolineando come la Dieta Mediterranea, definizione moderna per una pratica e una storia antichissima, fosse molto più che un semplice elenco di alimenti poiché il pasto in comune, che è alla base dei costumi di una data comunità, promuove l’interazione sociale, si fonda nel rispetto per il territorio e la biodiversità, garantisce la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e dei mestieri collegati alla pesca e all’agricoltura nelle comunità del Mediterraneo.
Moderati da Donatella Bianchi, giornalista e conduttrice di Linea Blu e Presidente WWF Italia, i lavori si sono aperti con i saluti istituzionali dei ministri Teresa Bellanova, Sergio Costa, Dario Franceschini, Luigi di Maio, Roberto Speranza, Lucia Azzolina, per poi proseguire con gli interventi di Franco Bernabé, Presidente Commissione Italiana per l’Unesco, su “L’Unesco come fattore di sviluppo”; Pier Luigi Petrillo, Unesco Chair Professor e membro dell’Organo di valutazione Ich Unesco su “La dieta mediterranea patrimonio per l’umanità. Origini e attualità”; Stefano Pisani, Sindaco di Pollica, Comunità emblematica Dieta Mediterranea Unesco, su “Il ruolo delle comunità per la salvaguardia della Dieta Mediterranea”; Elisabella Moro, Ordinaria di Antropologia culturale, Università Suon Orsola Benincasa di Napoli, su “La dieta Mediterranea tra stile di vita e identità culturale”.
Articolo pubblicato il giorno 19 Novembre 2020 - 14:33