Salerno. Utilizzavano prestanomi insospettabili per fare affari e reinvestire proventi illeciti ed eludere il fisco: è scattato il sequestro per i beni riconducibili al clan Fabbrocino.
La guardia di Finanza di Salerno ha notificato a un nipote del boss Mario e al suo fidato prestanome due decreti di sequestro per confisca del valore di 13 milioni di euro, emessi dal tribunale Misure di prevenzione di Salerno, su richiesta della Dda.
I due, secondo l’accusa, sceglievano persone benestanti, imprenditori già affermati e tutti incensurati, lontani da ogni tipo di sospetto per fare affari, sia entrando in società con partecipazioni aziendali, sia gestendo occultamente la rete di agenti che operavano per tutta la Campania.
Le indagini svolte dalle fiamme gialle hanno consentito di accertare l’esistenza di sofisticati meccanismi elaborati per occultare la diretta titolarità delle ricchezze accumulate grazie alle attività illecite svolte dal clan mediante il ricorso all’intestazione fittizia di quote societarie ed immobili ad otto prestanomi. Sono stati accertati reimpieghi di somme illecite, nel periodo 2004-2010, per oltre un milione e mezzo di euro. Gli investigatori sono anche riusciti a ricostruire i beni accumulati, nonostante i soggetti utilizzati come “schermi”, tutti incensurati, godessero di una posizione imprenditoriale tale da far passare inosservati i cospicui flussi finanziari ed investimenti immobiliari, non lasciando trapelare alcun segnale di irregolarità, dimostrando che l’uomo continuava di fatto a gestire la contabilità delle aziende ed a mantenere la titolarità dei beni. Le società sequestrate operano nel settore immobiliare e della grande distribuzione di noti marchi di prodotti alimentari sull’intero territorio della provincia di Salerno. Alla base dei provvedimenti di sequestro, oltre alla notevole sproporzione tra i redditi dichiarati e le ricchezze riconducibili ai due destinatari, c’è la propensione a delinquere di entrambi i soggetti destinatari della misura, uno dei quali, nonostante fosse agli arresti domiciliari, pur di non rinunciare alla gestione in prima persona degli affari incontrava regolarmente collaboratori ed agenti della “rete vendite”. I finanzieri sono riusciti a ricostruire, nel dettaglio, l’intero schema di interposizione fittizia, sottoponendo a sequestro 9 complessi aziendali, 53 appartamenti, 4 villini, 17 garage, 8 appezzamenti di terreno e 16 partecipazioni in società di capitale, per un valore complessivo stimato in oltre 13 milioni di euro. L’amministrazione giudiziaria di tali aziende garantirà la continuità aziendale, salvaguardando così i posti di lavoro e i contratti in essere.
Articolo pubblicato il giorno 29 Ottobre 2020 - 10:24