Chiedono giustizia e verita’, chiarezza su quanto accaduto i genitori di Ligi Caiafa, il ragazzo di 17 anni ucciso mentre – secondo la ricostruzione della Polizia – tentava di rapinare con un complice, poi arrestato, tre ragazzi fermi in auto a Napoli. La vicenda e’ al vaglio della magistratura che sta cercando di fare luce su quanto accaduto in quei drammatici momenti nella notte tra sabato e domenica. Anche oggi a Forcella, al centro della citta’, e’ un via vai di amici e parenti davanti alla abitazione della famiglia. Cosa e’ successo dall’arrivo della pattuglia dei Falchi in via Duomo, nella zona portuale della citta’ fino al momento tragico dell’uccisione del giovane? I due, Luigi e il 18enne Ciro De Tommaso, figlio di ‘Genny la carogna’ ex capo ultra’ del Napoli, hanno accennato una reazione? E ancora, chi due impugnava effettivamente la pistola, risultata poi a salve? E chi guidava lo scooter che – si e’ scoperto poi dopo – era rubato? Questi alcuni degli interrogativi mentre i genitori – in dichiarazioni alla stampa e sui social – chiedono di sapere le modalita’ con le quali e’ morto il 17enne. E spiegano che il ragazzo lavorava in una pizzeria ma aveva anche manifestato l’intenzione di andare via dalla citta’. Sottolineano di essere stati avvisati in ritardo del decesso del ragazzo e ribadiscono di ritenere inaccettabile quanto accaduto.
L’informativa della Scientifica e l’esame di eventuali immagini di videosorveglianza in zona potrebbe dare un contributo importante alle indagini oltre naturalmente al racconto del poliziotto che ha sparato e degli altri della pattuglia. Fondamentale anche l’esito dell’autopsia che sara’ disposta dal pm. In citta’ e sui social si registrano reazioni di segno opposto tra chi sostiene naturalmente che nessuno debba essere ucciso anche se sta compiendo una azione delittuosa e chi invece, pur esprimendo dolore per quanto accaduto, ricorda che “chi fa certe cose se la va a cercare”. Resta la tragedia della vita stroncata del 17enne che don Antonio Carbone, della comunita’ dei salesiani che lo aveva accolto a Torre Annunziata durante il periodo di messa in prova facendolo lavorare come pizzaiolo. “Spesso – dice – mi sento fare questa domanda: ma dei ragazzi che passano per la comunita’ in quanti si salvano e in quanti si perdono? La vita, per fortuna, e’ un evolversi, nessuno di noi ha il sigillo del salvato e nessuno e’ per sempre perso”.
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