Insoddisfazione, smania di possesso, confortante noncuranza, sono aspetti del nostro vivere, eppure, Franco Nappi vulcanico sperimentatore della Compagnia Teatrale “Il Demiurgo” parte dall’adattamento del Don Giovanni di Molière (presentata per la prima volta nel 1665) per decodificare questi aspetti sociali.
Nasce così “don GIUANN” da un Progetto del Teatro Solidale e del Teatro dei Salti Morali che verrà presentato al Teatro Sannazaro, giovedì 15 ottobre, ore 21.00
In scena : Alessandro Balletta – Don Giovanni; Chiara Vitiello – Donna Elvira; Andrea Cioffi – Sganarello; Daniele Acerra – Pierino; Roberta Astuti – Carlotta; Sara Guardascione – Sorella di Donna Elvira; Antonio Torino – Gusmano, per la regia di Franco Nappi.
Cinquecento fra commedie, tragedie, drammi musicali, opere liriche, film, poemi, racconti e romanzi per un unico personaggio: Don Giovanni. “Ciò che caratterizza il tema di Don Giovanni e che rende questo personaggio pressoché unico nel suo genere è il fatto che contrariamente a quanto avviene per gli eroi dell’antichità, i quali incontrano il male al loro esterno, sotto forma per esempio di un drago o di un mostro, egli trova il male in se medesimo…” Don Giovanni è pieno di caratteristiche narcisistiche : seduce in maniera seriale per accrescere il proprio smisurato ego. Il più grande peccato del nostro non è d’aver ingannato uomini e donne, di uccidere e di tradire, ma di non aver mai avuto alcun rimorso. Sono tante le interpretazioni del personaggio di Molière, in definitiva Don Giovanni è stato qualificato un libertino, immorale, cinico, superbo, bugiardo, spergiuro, sentimentalmente sadico, un individuo afflitto da isteria, vagamente omosessuale, in rivolta contro i valori più sacri della società (la famiglia, la Chiesa, la coppia e la proprietà più tangibile rappresentata dalla donna) e anche contro la sua stessa classe sociale, l’aristocrazia.
Come ci verrà rappresentato questo personaggio da Il Demiurgo e precisamente da colui che ha riadattato il famoso testo?
Franco Nappi, nasce a Lauro (AV), già da quando aveva appena 5-6 anni assiste con il papà a tante rappresentazioni teatrali. Il primo tuffo al cuore lo ha a 10 anni quando Sean Connery, in The Untouchables, muore. Quel movimento degli occhi che separano la vita dalla morte lo emozionano profondamente. Gli studi classici portati avanti brillantemente e la quasi laurea in Giurisprudenza, ma l’istinto lo porta là dove sente il suo cuore battere: il Teatro. Così partecipa a diversi laboratori teatrali dove impara e lavora. Ha 28 anni quando debutta come attore in un luogo non teatrale, nel cortile del Castello Lancellotti a Lauro ed è subito successo. Poco dopo viene costituita una srls, una vera e propria azienda per le rappresentazioni teatrali. Oggi Franco è un Produttore a tutto tondo della creazione artistica. Lui si definisce “Un cantastorie con forte potere terapeutico”.
Sarà interessante vedere la trasposizione di Donna Elvira portata ai nostri giorni da Chiara Vitiello. Come si comporterà rispetto all’incontro con Don Giovanni che per Molière rappresenta l’esperienza estatica e totalizzante che la psiche femminile incontra una sola volta nella vita? Lo rincorrerà? Gli chiederà di pentirsi dell’abbandono? Chiara Vitiello a soli 8 anni, a scuola, recita Eduardo che rappresenta un modo di ragionare, di intendere l’animo e i sentimenti di una città unica e straordinariamente complessa. Attraverso il grande drammaturgo, Chiara, si appropria della sua napoletanità. “Napoli è musica”, mi dice, e lei percepisce la musica innata che la città suona ogni giorno, in ogni luogo. Gli studi delle lingue straniere le conferiscono una grande agilità mentale che la Vitiello decide di consegnare al Teatro. Chiara parte da un’emozione per entrare in empatia con i suoi personaggi che non giudica, anzi, cerca di capire il loro punto di vista, arricchendo così il suo modo di intendere le cose. Quando entra in un personaggio è capace di coinvolgere il pubblico fino a trascinarlo con se, nella sua dimensione coscienziale.
Molière è stato, ed è, un personaggio di grande importanza storica, capace di dominare il suo tempo ed è quindi demiurgico, per dirla come Franco Nappi.
Non ci resta che vivere, nella nostra lingua, questa esperienza.
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