Cosa devono fare i genitori, cosa spetta alla scuola e ai dipartimenti di prevenzione. E ancora, il ruolo dei pediatri e tutti i protocolli da mettere in campo in caso di infezione. C’è questo e molto altro nel piano per la scuola che la pediatria di famiglia ha siglato con la Regione Campania per arrivare pronti al suono della campanella. A svelare i dettagli dell’intesa, che a questo punto è dettagliata in ogni minimo aspetto, è il vice presidente nazionale della FIMP Antonio D’Avino: «Come in ogni altra regione d’Italia l’obiettivo “Covid free” non è perseguibile nell’immediato, ma possiamo avere un piano dettagliato per fare in modo che ciascuno, a partire dai genitori, sappiano cosa fare in caso di malattia dei propri figli. Il presidente De Luca – spiega – ha voluto seguire personalmente ogni aspetto e ieri siamo arrivati alla firma di un documento che pone la Campania nella condizione di aprire le scuole nel modo più sicuro possibile. Questo non significa che non potranno esserci problemi, ma di certo saremo in grado di gestire ogni difficoltà in tempi rapidissimi».
Ma cosa prevede il piano scuola firmato con i pediatri? Si parte dalla valutazione telefonica da parte del pediatra curante dei sintomi che, ricorda D’Avino, «possono prevedere febbre superiore a 37,5°C, tosse, cefalea, sintomi gastrointestinali (nausea/vomito, diarrea), faringodinia, dispnea, mialgie, rinorrea/congestione nasale».
Ai genitori il compito di misurare la temperatura corporea ogni giorno prima di portare il bambino a scuola, comunicare tempestivamente le assenze per motivi sanitari, comunicare immediatamente alla scuola se l’alunno è stato a contatto stretto con un caso confermato Covid-19 (es. convivente di un caso positivo) e tenere a casa il bambino in caso di sintomi sospetti per Covid-19. «Se ci sono sintomi sospetti per Covid-19 – spiega D’Avino – non bisogna assolutamente recarsi autonomamente presso lo studio professionale del pediatra curante o al Pronto Soccorso, ma si deve contattare telefonicamente il pediatra di famiglia».
In caso di sintomi insorti a scuola, l’istituto deve invece isolare il bambino, assicurare il distanziamento e assicurarsi, altresì, che il bambino (se ha più di sei anni) indossi correttamente la mascherina. Se non c’è la possibilità di far indossare la mascherina deve far rispettare quella che gli esperti definiscono “l’etichetta respiratoria”, che consiste in tutte le buone pratiche di igiene, dal colpo di tosse/starnuto da compiersi in un fazzolettino di carta o nella piega del gomito al lavaggio delle mani) e il distanziamento. E’ chiaro quindi che il piano scuola messo in campo dalla Regione vede nel pediatra di famiglia una figura centrale. «E’ il pediatra di famiglia – conclude D’Avino – che provvede ad una valutazione clinica (triage telefonico) del caso segnalato dai genitori e visita il bambino quando viene messo a conoscenza dell’esito negativo del tampone. Con le direttive della regione Campania ciò avverrà al massimo in 48 ore e consentirà subito la presa in carico dei bambini ammalati, oltre a permettere di lavorare in sicurezza agli operatori sanitari.
Richiedere tempestivamente il test diagnostico in caso di sintomi sospetti per Covid-19 è diventato un obbligo cogente del pediatra di famiglia così come i dipartimenti di prevenzione dovranno assicurare l’esecuzione, la processazione e la refertazione in tempi certi e rapidi. La regione attende nelle prossime ore il recepimento delle indicazioni operative regionali da parte dell’ufficio scolastico regionale per la Campania, che svolgerà un ruolo essenziale per la buona riuscita delle procedure. Se ognuno degli attori coinvolti nel percorso (pediatri di famiglia, dipartimenti di prevenzione e dirigenti scolastici) non svolgerà in modo diligente il proprio ruolo, il sistema si bloccherà e si rischierà concretamente l’implosione»
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