Resta in carcere ad Avellino, dove si trova da due notti con l’accusa di omicidio volontario, Gianluca Di Matola, il 23enne di San Martino Valle Caudina accusato di aver ucciso a colpi di pistola il boss Orazio De Paola, reggente del clan Pagnozzi.
Il gip del tribunale di Avellino ha convalidato il fermo disposto ieri sera dal pm della direzione distrettuale antimafia di Napoli, Giuliano Caputo, che coordina le indagini. Di Matola e’ fuggito pochi istanti dopo il delitto, come testimoniano le riprese dell’impianto di videosorveglianza del Comune di San Martino Valle Caudina. Con lui i familiari che vivono in via Castagneto, teatro del delitto, fermati tutti al casello di Roma Nord e poi trasferiti ad Avellino. Solo Gianluca Di Matola e’ stato arrestato.
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Oggi il pm affidera’ l’incarico per l’autopsia sul corpo del boss 58enne ucciso con cinque colpi di pistola. L’esame, che sara’ eseguito dal medico legale Lamberto Pianese, potrebbe confermare l’ipotesi iniziale di quattro colpi esplosi a bruciapelo e di un quinto al capo per finire la vittima. La famiglia di De Paola ha gia’ nominato un legale, l’avvocata Valeria Verruso, che indichera’ un consulente di parte per seguire l’autopsia.
Con Gianluca Di Matola è indagato anche il fratello Bartolomeo di 28 anni: secondo l’accusa avrebbe avuto un ruolo nell’agguato criminoso con le modalità proprie della camorra. Una donna amica di Bartolomeo avrebbe avuto avances dal boss ucciso. Di qui la telefonata, gli insulti e il chiarimento di persona sfociato nell’uccisione di Orazio De Paola. Ma ci sarebbe stata anche una lite tra il boss e Bartolomeo Di Matola, pochi giorni prima dell’omicidio. Tutti elementi che stanno emergendo dalle indagini e sui quali gli investigatori dovranno fare chiarezza.
Articolo pubblicato il giorno 10 Settembre 2020 - 09:31