Dopo la seconda guerra mondiale, l’Italia ha vissuto un forte cambiamento nella sua struttura economica. Si è trasformata da paese agricolo a una delle economie più industrializzate del mondo. La forza dietro il miracolo economico del dopoguerra era lo sviluppo di piccole e medie imprese nei settori maggiormente legati all’esportazione. Nei decenni successivi l’economia ha avuto alti e bassi. Essendo un Paese con pochissime risorse naturali, l’Italia è fortemente dipendente dalle importazioni di petrolio; per questo motivo l’economia è stata duramente colpita dalle due crisi petrolifere avvenute negli anni ’70. Di conseguenza si è vissuta una fase di stagflazione, un termine che in economia unisce le due parole “stagnazione” ed “inflazione”: una crescita economica debole combinata con un’elevata disoccupazione e un alto tasso di inflazione. L’economia ha iniziato a riprendersi all’inizio degli anni ’80 grazie all’attuazione di un piano di ripresa. Le politiche monetarie restrittive hanno abbassato l’inflazione, mentre le politiche orientate alla crescita e al bilancio hanno ridotto la spesa pubblica e inasprito il deficit di bilancio. Oggi l’economia è incentrata soprattutto sui nuovi media che, per molte aziende, sono la fonte principale degli introiti annuali. Pensiamo ad esempio agli acquisti in game tramite le mobile App, i divertimenti come roulette77 migliori giochi in Italia o lo streaming on demand, stanno rivoluzionando l’industria e la nuova economia.
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Prima degli anni ’80, la maggior parte delle aziende statali italiane facevano parte del motore chiave della crescita del paese. Tuttavia, a metà degli anni ’80, il settore statale ha iniziato a creare “distorsioni” nell’economia. La cattiva gestione della spesa pubblica ha portato a un deterioramento delle finanze pubbliche e ha innescato un sistema in cui serpeggiava la corruzione. Alla fine degli anni ’80 e all’inizio degli anni ’90 è stata condotta una fase di privatizzazione. Il ruolo in diminuzione dello Stato nell’economia ha creato più spazio per gli investimenti privati. Nel 1999 l’Italia si è qualificata per adottare l’euro ed è entrata nell’Unione Monetaria Europea (UEM), e così l’euro è stato introdotto ufficialmente nell’economia il 1° gennaio 2002. In seguito l’Italia è stata colpita dalla crisi finanziaria nel 2007; da allora l’economia ha conosciuto una profonda crisi. Nel tentativo di affrontare la recessione, il governo ha approvato due importanti pacchetti di austerità. Il primo, sotto l’amministrazione di Silvio Berlusconi, è stato attuato nel maggio 2010 e ha totalizzato 24 miliardi di euro. Successivamente, nel dicembre 2011, il governo guidato da Mario Monti ha introdotto un pacchetto di austerità da 30 miliardi di euro. Mentre il primo pacchetto era incentrato su una riduzione della spesa pubblica al fine di ridurre il deficit di bilancio e il debito pubblico della nazione, il secondo ha introdotto, tra le altre misure, una serie di aumenti fiscali. Il governo in carica di Matteo Renzi ha invece puntato a mitigare gli effetti della crisi finanziaria. La sua amministrazione ha introdotto riforme economiche e strutturali; le più importanti sono la riforma del senato, la riforma del lavoro e la legge elettorale. L’idea è quella di fare in modo che le riforme promesse si concretizzino effettivamente, così da poter sostenere la crescita e rafforzare la posizione dell’Italia nel mercato globale.
L’Italia è stato un paese debitore nella maggior parte degli ultimi dieci anni. In seguito alla crisi finanziaria del 2008, in Italia e in altri paesi, si è subito un improvviso arresto degli afflussi di capitali privati poiché il livello del debito pubblico è diventato insostenibile. l’Italia, facente parte dell’Eurozona, non può riequilibrare il proprio conto corrente adeguando il tasso di cambio a proprio piacere. Di conseguenza il paese insieme ad altre nazioni, è entrato in un sistema chiamato TARGET2; un sistema che consente di sostituire i flussi di capitali privati con flussi di capitali pubblici. Questo ha consentito ai paesi in difficoltà di gestire gradualmente il saldo delle partite correnti, permettendo così di scendere dal 3,4% del 2010 a quasi zero nel 2012.
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