E’ stato bloccato dai carabinieri mentre si dirigeva in auto verso Roma, in compagnia di familiari. Il presunto assassino del boss Orazio De Paola e’ un pregiudicato per spaccio di sostanze stupefacenti e per altri reati minori.
Alcuni giorni fa avrebbe avuto una discussione violenta con il boss di San Martino Valle Caudina e questa mattina avrebbe chiamato De Paola per minacciarlo. Il 58enne reggente del clan Pagnozzi, in liberta’ da poco meno di un anno, ha raggiunto l’abitazione del pregiudicato proprio in via Castagneto e li’, quando voleva far valere la sua caratura criminale, De Paola si e’ trovato di fronte a una pistola spianata dalla quale sono partiti i 5 colpi che lo hanno ucciso.
L’uomo e’ subito fuggito, ma le telecamere di videosorveglianza dell’impianto comunale hanno registrato la fuga del principale sospettato. I carabinieri del comando provinciale di Avellino si sono messi subito sulle tracce dell’uomo e dei suoi familiari, in particolare del fratello, anch’egli con precedenti penali e probabilmente coinvolto nella discussione di alcuni giorni fa. Motivo della lite, lo spaccio di sostanze stupefacenti.
I Pagnozzi hanno abbandonato la gestione diretta del mercato della droga, investendo piu’ in attivita’ imprenditoriali. Ma De Paola, appena tornato in liberta’, aveva cominciato a rimettere in piedi un giro di spaccio, mal tollerando piccoli gruppi criminali che, liberi dalla presenza dei Pagnozzi decimati da arresti e condanne, avevano organizzato l’attivita’ che De Paola voleva riprendere in mano. L’uomo fermato viene interrogato in queste ore. L’abitazione e’ stata perquisita gia’ nella mattinata, cosi’ come altri luoghi di riferimento della stessa famiglia. L’indagine viene seguita anche dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli.
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Il boss 58enne, considerato il reggente del clan Pagnozzi, e’ stato ucciso tra le 10 e le 11 di questa mattina con 4 colpi di pistola sparati a distanza ravvicinata e un quinto, esploso mentre De Paola era gia’ a terra, che lo ha raggiunto alla testa. La salma del boss e’ stata trasportata nella sala mortuaria dell’ospedale di Avellino dove nei prossimi giorni sara’ eseguita l’autopsia su incarico della procura di Avellino.
De Paola era libero, dopo che la Corte di Cassazione lo scorso anno aveva annullato un provvedimento di soggiorno obbligato emesso dalla Corte d’Appello di Napoli. Ma era sempre sotto stretta sorveglianza da parte delle forze dell’ordine. Con il clan Pagnozzi decimato dagli arresti e dalle condanne, Orazio De Paola era considerato il reggente dell’organizzazione che controlla tutti gli affari illeciti nella Valle Caudina e che ha interessi anche nel basso Lazio, in Toscana e a Roma. Il movente del delitto potrebbe venire da una guerra interna in quel che resta dei Pagnozzi, che hanno gia’ delle “ramificazioni” autonome, come gli Sparandeo a Benevento, o in un regolamento di conti con organizzazioni avverse.
Non c’e’ stato scampo per l’uomo considerato un boss del clan dopo aver scalato le gerarchie in seguito agli arresti del capo clan Gennaro Pagnozzi, detto O’ Giaguaro, e del figlio Domenico, detto “Occhi di ghiaccio”. Quest’ultimo aveva allargato gli interessi del clan nel Lazio e nella stessa Roma, stringendo alleanze con il clan Senese opposto ai Casamonica. Di tutto “rispetto” il curriculum della vittima. Fin da giovanissimo era finito dentro vicende legate alla criminalita’ organizzata, piu’ volte arrestato e destinato al confino e alla sorveglianza speciale, De Paola era tornato in liberta’ nel 2019 e secondo la Dda di Napoli, prima di rivestire un ruolo di vertice nel clan Pagnozzi, era il riferimento del clan Bove-De Paola smantellato nel 1998.
Nonostante gli arresti subiti, il clan Pagnozzi di San Martino Valle Caudina e’ sempre risorto dalle ceneri ed ha mantenuto sul territorio a cavallo tra le province di Avellino e Benevento, un diffuso potere criminale soprattutto nell’usura e nelle estorsioni. Con il declino, dovuto all’eta’ ed alle condizioni di salute di Gennaro Pagnozzi, capo storico del clan, detto “o’ Giaguaro”, le redini dell’organizzazione erano passate al figlio, Domenico Pagnozzi, 56 anni, ritenuto uno dei capi della organizzazione camorristica che operava nella zona sud est di Roma, sgominata nell’operazione scattata all’alba del 10 febbraio 2015 che ha portato alla esecuzione di 61 arresti.
Articolo pubblicato il giorno 8 Settembre 2020 - 21:19