Il primo è destinatario di custodia in carcere, gli altri ristretti agli arresti domiciliari: sono tutti gravemente indiziati, in concorso tra loro, del reato di associazione per delinquere finalizzata alla truffa, condotte commesse in via perdurante dall’anno 2018 tra le province di Napoli e Caserta.
Il provvedimento scaturisce dalle immediate indagini avviate nel febbraio 2018 dai militari dell’Arma a seguito della ricezione di una denuncia per truffa sporta dai titolari di una concessionaria di rivendita e noleggio autovetture ubicata a Villa di Briano i quali esibivano delle inserzioni di vendita autovetture di lusso, a prezzi ben al di sotto della soglia di mercato, pubblicate sul social network “Facebook” ed apparentemente riconducibili alla stessa società che ne disconosceva la titolarità. I denuncianti riferivano, inoltre, di numerosi reclami giunti da presunti clienti i quali lamentavano la mancata finalizzazione di contratti di noleggio autovettura con consegna a domicilio stipulati tramite canali telematici ed a fronte dei quali questi ultimi avrebbero provveduto a versare, a titolo di caparra, cospicue somme in danaro mediante versamenti su carte di credito prepagate o conti correnti postali.
Dalla ricostruzione dei fatti emergeva l’esistenza di un profilo Facebook di fantasia a nome di “Lorenzo Mattei” con l’indicazione di un recapito telefonico, poi risultato nella disponibilità degli indagati, tramite il quale, gli stessi, fingendosi procacciatori di clienti per conto di società di vendita e noleggio autovetture realmente esistenti, adescavano le vittime inducendole a versare indebitamente delle somme di denaro a titolo di caparra a fronte di contratti inesistenti di vendita o noleggio di autovetture, liquidità che confluivano, di volta in volta, su carte di credito prepagate o conti correnti postali intestati agli stessi indagati, titolari anche dei documenti di identità utilizzati per la contrattazione con le parti offese. Al fine di riscontare la consumazione di analoghi fatti reati ad opera del medesimo sodalizio e di circostanziare la portata effettiva delle truffe poste in essere, i Carabinieri, effettuando delle ricerche incrociate nella Banca Dati in uso alle forze di polizia, accertavano l’esistenza di 28 denunce, sporte nell’arco temporale che va dal 9 marzo 2018 al 29 gennaio 2019. Le condotte illecite rappresentate, tanto per modus operandi, ovvero per modalità di consumazione (transazione di somme denaro sulle stesse carte pregate postapay e stessi conti correnti) e di procacciamento vittime (stessi recapiti telefonici utilizzati) apparivano chiaramente riconducibili allo stesso gruppo criminale. Gli ulteriori approfondimenti investigativi lasciavano trasparire che l’utenza telefonica utilizzata dal finto procacciatore rientrava nella disponibilità dell’indagato destinatario della custodia cautelare in carcere, il quale prendeva contatti diretti con le vittime indicando loro i passi da seguire per la realizzazione dei contratti di vendita o noleggio, in particolare, una volta richiesti ed ottenuti i documenti asseritamente utili alla stipula, forniva le coordinate delle carte prepagate o dei conti correnti postali verso cui fare confluire le somme in denaro pattuite.
Le verifiche anagrafiche eseguite presso il Comune di Napoli hanno permesso di appurare che il sodalizio criminoso era composto oltre che dall’indagato finito in carcere, anche dalla madre, dal fratello e dalla fidanzata. I componenti del nucleo familiare risultavano tutti intestatari dei conti correnti postali e/o delle carte di credito verso cui venivano accreditate le somme in denaro oggetto di indebita percezione. Il pieno coinvolgimento di ciascuno degli indagati nei reati contestati, viene altresì avvalorato da ulteriori elementi a riscontro, quali ad esempio la captazione di sequenze video estrapolate dai sistemi di difesa passiva collocati presso alcuni uffici postali che li ritraggono all’atto di prelevare gli illeciti profitti. L’attività investigativa ha permesso di ricostruire a carico degli indagati un grave quadro indiziario avvalorato dal GIP: in particolare l’esistenza di un sodalizio stabile e duraturo cementificato dal legame familiare tra gli indagati i quali, con le modalità sopra descritte, accumulavano indebiti profitti stimati in un volume d’affari di circa 50.000 euro.
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