“Tempus: Tutto è Relativo”, aperta la mostra di Flavia Alexandra Grattacaso a Paestum
Uno spettacolo messo in atto magistralmente dall’artista all’interno dell’anfiteatro romano di Paestum.
Le opere non appartengono a collezioni private e sono fruibili tutti i giorni dalle 18.30 fino al 30 Agosto 2020 presso il Palazzo de Maria sito in Piazzetta Paleocristiana
Sono in mostra, presso la personale “Tempus: Tutto è Relativo”, le opere di Flavia Alexandra Grattacaso, che potranno essere visitate fino al 30 agosto. La pittrice, attraverso le sue opere, sensibilizza lo spettatore a tematiche sociali molto sentite. Nelle sue opere, infatti, lo spettatore è messo dinanzi ad uno scenario dalle connotazioni classiche, ma con chiavi di lettura moderne. Attuali. Tematiche quali la volenza sulle donne, la libertà di culto, lo sfruttamento e tutela delle specie animali a rischio d’estinzione, la salvaguardia del patrimonio storico-artistico-naturale e la libertà di espressione.
Sono nove i quadri a forte tematica sociale delle 23 opere esposte all’interno dell’Atto I & II della personale “Tempus: Tutto è Relativo”.
Le opere in questione, tuttavia, non appartengono a collezioni private e sono fruibili tutti i giorni dalle 18.30 fino al 30 Agosto 2020 presso il Palazzo de Maria sito in Piazzetta Paleocristiana di Paestum in Capaccio-Paestum.
Flavia Alexandra nasce ad Agropoli. Trascorre la sua infanzia ed adolescenza tra Capaccio-Paestum e Buenos Aires, Argentina. Fervida amante della lettura, sin da ragazza è stata attratta dal disegno e dai colori. Ha frequentato il liceo scientifico Gian Battista Piranesi di Capaccio per conseguire poi la Laurea triennale e biennale in Arti Visive con indirizzo Pittura presso l’Accademia delle Belle Arti di Napoli. Nei suoi lavori “Il visibile non ha valore di verità in se stesso ma si riferisce ad un livello concettualmente superiore”, visione che trova la sua costante collocazione nell’antica città di Paestum volta a servire da scenario di un tempo presente e futuro. Il suo impegno per una fruizione artistica più attenta al carattere comunicativo identitario è stato profuso attraverso la partecipazione a due laboratori nelle scuole di Nocera e Capaccio. Espone in Italia e all’estero partecipando anche a progetti pubblici dal 2006. La partecipazione a mostre collettive la vedono assegnataria di diversi premi per critica e stile pittorico quali, solo nel 2018, terzo posto per la critica d’arte alla collettiva organizzata dall’Associazione Culturale Xarte in Benevento e premio della critica assoluta conferito dal critico d’arte Antonella Nigro all’Expo d’Arte Contemporanea e Poesia organizzata dall’associazione Avalon Arte presso il Complesso museale Santa Maria del Rifugio in Cava de’ Tirreni.
La pittrice, attraverso le sue opere, sensibilizza lo spettatore a tematiche sociali molto sentite oggigiorno. La scelta cromatica accentua dettagli palpabili all’interno delle opere invitando lo spettatore ad osservarli attentamente e a soffermarsi sugli stessi per una personale analisi della scena prepostagli. Inoltre, il contrasto cromatico del nero e del bianco unito ad altre tinte, genera nello spettatore sentimenti sempre nuovi dati dalla versatilità di questi ultimi in contesti psicologici. Nelle sue opere, infatti, lo spettatore è messo dinanzi ad uno scenario dalle connotazioni classiche, ma con chiavi di lettura moderne, attuali. Tematiche quali la violenza sulle donne, la libertà di culto, lo sfruttamento e tutela delle specie animali a rischio d’estinzione, la salvaguardia del patrimonio storico-artistico-culturale e paesaggistico-naturale prendono vita mediante l’utilizzo di colori primari. Alla base del cromatismo dell’artista vi è un esteso utilizzo del colore nero e del bianco. Il colore nero evoca, da un punto di vista psicologico, l’emergere del conscio dal buio dell’inconscio. Ad esso viene contrapposto il colore bianco che, sin dall’antica Roma, è considerato non solo simbolo di candore e purezza, ma di mutamento di condizione, di rito di passaggio. Come osserva e scrive anche Jung, il nero “è il colore delle origini, degli inizi, […] precedente l’esplosione luminosa della nascita”. Il colore nero, dunque, si fa fruitore di ciò che sta sotto la realtà apparente delineato dal passaggio del colore bianco ed intensificato dalle tinte primarie. Sono nove le opere a tematica sociale predominante delle 23 esposte all’interno dell’ Atto I e II della personale “Tempus: Tutto è Relativo”. Le opere in questione, tuttavia, non appartengono a collezioni private e sono disponibili tutti i giorni dalle 18.30 fino al 30 Agosto 2020 presso il Palazzo de Maria sito in Piazzetta Paleocristiana di Paestum in Capaccio-Paestum.
1. Abbi Cura di Te, 2020 – 70×50
Opera ispirata da uno dei più antichi frutti dell’età classica, la melagrana è da sempre il frutto legato alla figura femminile in numerose culture. Simbolo di fertilità, energia e vitalità, diventa nell’opera di Flavia Alexandra Grattacaso simbolo della prevenzione del tumore al seno. Frutto dalle notevoli proprietà nutritive, ricchissimo di antiossidanti e toccasana per la salute, racchiude in sè tutti elementi positivi che sposano bene la causa.
2. Devotion, 2017 – 100×80
La maestosità di un templio assume i tratti di una libertà fondamentale all’essere umano: la libertà di culto.
Così come la civiltà latina aveva premura di emanare un editto per concedere a tutti i suoi cittadini la libertà di venerare le proprie divinità, “Devotion” celebra uno dei più grandi traguardi del rispetto tra culture: un rispetto che ha permesso a noi di poter essere, ancora oggi, testimoni di tale magnificenza.
3. Fusioni, 2020 – 80×50
Salerno e la sua provincia, nel tempo, è stata teatro di un incalzante susseguirsi di dominazioni. Ad ogni passaggio, un lascito di storia e cultura che rivive nei borghi di questa incantevole provincia. Così come Paestum, anche Agropoli diventa oggetto di analisi per l’artista Flavia Alexandra che coglie tra le costruzioni moderne del centro storico cittadino il passaggio dei greci, romani, bizantini, saraceni, normanni, svevi, angioini e aragonese in una romantica fusione. “Fusioni” è uno scorcio sul tema dell’accoglienza e della condivisione. La porta monumentale del centro storico di Agropoli è parte integrante della cinta muraria ove antico e moderno coesistono diventando il simbolo di costruzione di una cultura di condivisione.
4. Hera, 2020 – 80×100
Il rosso mantiene nei secoli il duplice significato di amore divino e carnale che in questa opera si eleva ad amor proprio. Hera fu moglie di Zeus e dea madre brutalmente ingoiata dal padre quando ancora una bambina. La sua maestosa figura solenne, oggigiorno, prosegue la sua lotta non solo conto i tradimenti del consorte ma contro una violenza fisica e psicologica che molte donne sono costrette a subire. Dai dati dell’Oms emerge che l’abuso fisico, psicologico e sessuale colpisce il 35 per cento delle donne in tutto il mondo, e che nel 30 per cento dei casi la violenza parte da un partner intimo. Secondo l’Istat, in Italia, una donna su tre è stata vittima di abusi nel corso della propria vita ed ogni tre giorni, una donna muore per mano di un uomo. Ed è per questo che Hera stringe in mano una melagrana, simbolo di fertilità e di morte, mentre sotto il suo occhio destro un segno di rossetto rosso ribadisce allo spettatore che “Non è normale che sia normale”.
5. Il Sopravvento della Natura, 2016 – 70×90
Nell’opera “Il Sopravvento della Natura” possiamo ammirare una costruzione risalente al IV sec. A.C. ritrovata nell’area archeologica magna greca di Elea- Velia. Questa costruzione costituisce il più antico esempio di arco a tutto sesto in Italia. Denominata “Porta Rosa”, fu scoperta da Mario Napoli nel 1964 a cui diede lo stesso nome di sua moglie.
“Il Sopravvento della Natura”, oltre ai riferimenti storici, racchiude, tra le sue tinte ed ombre, l’importanza di preservare e tutelare il patrimonio storico-artistico-ambientale. Infatti, l’interramento ed il sopravvento della natura permisero la conservazione di questo viadotto che collegava le due sommità naturali dell’acropoli di Elea. La vera natura di viadotto di “Porta Rosa” fu scoperta solo a scavi ultimati contribuendo la tesi dell’artista: è compito dell’uomo preservare i beni archeologici in equilibrio con il paesaggio affinchè possano essere tramandati, ammirati e portati a piena conoscenza di tutte le generazioni future.
6. Inviolabile, 2016 – 100×100
Una tigre posta a guardia di un tempio, luogo sacro e di culto. Così si presenta l’opera “Inviolabile” dell’artista pestana attenta alla libertà di culto. Attraverso questo animale, Flavia Alexandra evoca e racchiude nella tigre dalle tinte regali una forza energetica sovrannaturale capace di dialogare con lo spettatore invitandolo ad accedere all’Assoluto rispettando il luogo e il tempo.
Legata al culto del titanico Dionisio, dio dell’estasi mistica, la tigre accresce la forza di chi si lascia accompagnare da essa, ma la sua funzione purificatrice e di guardiano racchiude in sè anche le potenze infernali della natura selvaggia e distruttrice capace di abbattersi su chi tenta di violare le porte del culto altrui.
7. Le Danzatrici, 2020 – 80×100
Il concetto di temporalità tra passato presente e futuro è ribadito spesso nella costante ricerca dell’artista che nasce proprio dalla sua terra, fonte inesauribile di spunti riflessivi. Infatti, l’opera “Le Danzatrici” raffigurante una metopa arcaica a bassorilievo rinvenuta presso l’Heraion alla foce del Sele e custodita presso il Museo Archeologico Nazionale di Paestum, apre la produzione artistica del 2020 e gli Atti I & II della personale “Tempus: Tutto è Relativo”. La danza assume una connotazione di libertà di espressione di se stessi nell’opera “Le Danzatrici” di Flavia Alexandra Grattacaso. Una libertà di espressione che parte da una libertà di pensiero fino ad arrivare ad una libertà di orientamento sessuale. É proprio la danza ad essere utilizzata nell’antica Grecia come manifestazione dell’estasi e liberazione dell’io. Attraverso il proprio corpo adornate di colori quali il giallo, il rosa, l’arancione ed il verde acquamarina esprimono il divenire dell’essere con l’auspicio che le l’ardore delle passioni possano essere attenuati dalla saggezza.
8. Matrice, 2017 – 90×60
Una donna che riposa i suoi piedi stanchi lungo una strada. Si sfila una scarpa sotto un cielo rosso d’amore. Vestita della sua femminilità, ma circondata da una natura violenta. Così viene raffigurata questa emergenza sociale dall’artista Flavia Alexandra Grattacaso nella Giornata Internazionale Contro La Violenza Sulle Donne del 25 Novembre: una lotta non ancora terminata. Una lotta intrapresa dall’artista messicana Elina Chauvet nel 2009 e giunta all’attenzione mondiale solo nel 2012 attraverso “Zapatos Rojos” (Scarpe Rosse), un’installazione pubblica davanti al consolato messicano di El Paso, Texas, per ricordare le centinaia di donne uccise nella città messicana di Juarez.
Ogni paia di scarpe rappresenta una storia, una matrice che viola i diritti umani delle donne. “Matrice” di Flavia Alexandra Grattacaso assume i tratti di una rivoluzione culturale, di una resistenza e volontà a voler continuare a combattere questo enorme problema culturale troppo radicato.
9. The Save, 2018 – 50×70
Lo spettacolo fu a lungo considerato un luogo di rilevante importanza sociale all’interno della civiltà romana. Per il pubblico parteciparvi significava sentirsi parte della comunità civica.
Tra gli spettacoli proposti vi erano le “venationes”: « sfilata e/o caccia » di animali. Inizialmente indipendenti dai combattimenti gladiatorii, le venationes finirono col diventare prima un’appendice, ed in seguito, una integrazione quasi obbligatoria ai fini di uno spettacolo di prestigio all’interno dell’anfiteatro.
Fu durante le guerre d’espansione che i Romani entrarono in contatto con paesi esotici dalla fauna selvaggia. L’uso più antico di animali in spettacoli risale alla metà del III sec. a.C. con elefanti catturati in Sicilia. Ed è proprio il pachiderma che si fa portavoce dei diritti degli animali nell’opera “The Save” di Flavia Alexandra. Animale di estrema intelligenza e sensibilità. Apprezzati anche da Leonardo Da Vinci che li reputava animali da cui imparare per la loro bontà, prudenza e senso innato di giustizia. Animali che concentrano in sé caratteristiche che nell’uomo si trovano molto di rado fino a divenire un esempio dell’umano fuori dall’umano. Un connubio di possenza, saggezza e amore che risplende in tutta la sua maestosità attraverso l’utilizzo predominante della tinta gialla e verde che conferiscono a quest’opera un chiaro segno di speranza e rinascita.
Tutt’oggi gli animali sono sfruttati per molteplici ragioni, ma qualcosa negli anni è cambiato. La consapevolezza acquisita dalle persone ha portato quest’ultimi a lottare per i diritti e la salvaguardia degli animali. “The Save” è celebrazione alla vita, uno spettacolo messo in atto magistralmente dall’artista all’interno dell’anfiteatro romano di Paestum.
Articolo pubblicato il giorno 26 Agosto 2020 - 16:07