La pandemia da Coronavirus ha cambiato molte dinamiche nei giorni nostri : molte consietudini nei vari settori sono saltate alcune proprio a causa del Coronavirus,altre perchè si cerca di velocizzare tutti i processi che possono portare alla realizzazione in tempi rapidi di un vaccino.E proprio per ridurre al minimo i tempi di sviluppo del vaccino anti Covid arriva una proposta shock ovvero di infettare un certo numero di volontari per capire se i vaccini in fase di sviluppo sono efficaci e sicuri come speriamo.
La proposta controversa che ruota attorno all’advocacy group 1DaySooner, e che nelle ultime settimane continua a guadagnare sponsor illustri: una lettera aperta indirizzata al direttore dell’Nih americano vanta ormai oltre 2mila firme illustri, tra cui quelle di ben 15 premi Nobel.
Non tutti nella comunità scientifica, però, concordano né sull’utilità, né sulla leicità, della soluzione.
C’è da dire che questa proposta non è una novità anzi l’utilizzo di volontari sani ai fini di ricerca o per testare nuovi farmaci e vaccini è qualcosa che in inglese viene chiamato human challenge trial (o Htc) e si fa da sempre, anche se con regole molto precise, e in situazione abbastanza differenti da quella attuale. Si è fatto con il colera, il tifo, la malaria, e anche l’influenza. Tutte malattie potenzialmente fatali, ma per le quali esistono farmaci e terapie salvavita efficaci e ben tollerate. La differenza, nel caso del coronavirus, è che qui si tratterebbe di un salto nel buio: se qualcosa dovesse andare storto, al momento non ci sono reti di sicurezza, farmaci o terapie.
Ma come verrebbe gestita una ipotetica fase di sviluppo basata su questa proposta ? A descriverlo è un rapporto dell’Oms di giugno: i volontari verrebbero divisi in due gruppi, uno destinato a ricevere il vaccino e uno a cui verrebbe inoculato un placebo. I partecipanti dovrebbero essere giovani (il rapporto suggerisce di utilizzare persone tra i 19 e i 25 anni), in salute, e andrebbero mantenuti in isolamento all’interno di reparti ad alta sicurezza per tutta la durata della sperimentazione. Dopo aver ricevuto il vaccino, e aver atteso qualche giorno per assicurarsi che abbia tempo di fare effetto, tutti i partecipanti verrebbero esposti al virus, e monitorati per verificare la situazione. In questo modo si potrebbero verificare velocemente sicurezza ed efficacia del vaccino, e raccogliere dati preziosi sull’evoluzione clinica di covid in un setting controllato. Non dovendo aspettare che i partecipanti entrino in contatto con il virus per conto loro (come accade in un normale trial
per i vaccini) la durata dello studio potrebbe essere molto più breve. E non dovendo fare affidamento sul caso per esporre i partecipanti alla malattia, si potrebbero avere risultati affidabili utilizzando un numero molto ridotto di persone.Tutto considerato i risparmi di tempo potrebbero essere concreti, seppur piuttosto limitati. Non potendo eliminare completamente gli altri step del processo di approvazione del vaccino, parliamo di settimane, al più pochi mesi, che possono essere guadagnati sulla tabella di marcia. Ma vista la conta dei morti in costante ascesa, per i sostenitori del progetto potrebbe valerne comunque la pena. Da qui il nome dell’iniziativa, che in italiano potremmo tradurre come “anche solo un giorno prima”.
(fonte wired.it)
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